The Walking Dead 4×09: la recensione
In After (episodio 4×09, diretto dal “special makeup effects artist” Greg Nicotero), non succede nulla. O quasi.
La seconda parte di questa quarta stagione si apre con un bird’s eye view: la macchina da presa “piove giù”, riallacciandosi al finale dell’episodio precedente. Michonne è l’unico essere “vivente” che vaga fuori dalla prigione, soffermandosi brevemente sul Passato, tutto racchiuso nelle teste del Governatore e di Hershel (quest’ultima tornata dal mondo dei morti e trafitta dalla donna, che la spazza definitivamente via dalla Storia). E l’amara sensazione è che l’inquadratura degli erranti che entrano nel carcere sarà l’ultima dedicata alla prigione, situazione ambientale che ha accompagnato personaggi e spettatori dall’inizio della terza stagione, fulcro abitativo prima centripeto, ora centrifugo.
Al centro dell’episodio sono solo Michonne, Rick e Carl – la memoria torna al meraviglioso 3×12, Clear – che si incontrano, per caso, solamente nell’ultima inquadratura. After è un episodio psicologico, scelta coraggiosa, per un “reincipit” di stagione: da un lato, troviamo finalmente un po’ di luce (attraverso un suo sogno che diviene presto un incubo) sul passato di Michonne, un tempo madre amorevole e compagna affettuosa; dall’altro, il conflitto padre/figlio tra Rick, debole, stanco e malato, e Carl, rabbioso, arrogante e apparentemente determinato a cavarsela da solo.
La donna sembra voler ricominciare dall’inizio, mutilando due erranti e iniziando a vagare, seguita da un “gregge” di zombie. Ma solo finché non si sente perseguitata dal suo doppio: un morto vivente che le assomiglia sin troppo e che risveglia in lei l’istinto di sopravvivenza e del guerriero, la rabbia e la ferocia che contraddistinguono l’eroina da quando il suo mondo è venuto meno e la sua famiglia è mancata.
Anche Rick e Carl vagano senza meta, in cerca di un posto sicuro dove riposarsi. E, una volta trovatolo, scoppia il dramma annunciato: il ragazzo, quasi-uomo, sputa in faccia al padre agonizzante la “sua verità”: non ha più bisogno di lui ed è del padre la colpa di tante vite spezzate, letteralmente divorate. Salvo poi ricredersi: dopo aver errato qua e là e aver rischiato incoscientemente la vita, si ritrova a chiedere scusa, in lacrime, quasi prostrato ai piedi di Rick, che si riprende poco a poco (prevedibile l’inquadratura, nella stanza buia, che inizialmente fa temere che l’uomo sia morto e tornato).
La narrazione è dunque statica: tutta la dinamicità consiste nel muoversi da un punto A a un punto B, seguendo strade diverse e spazzando via qualche zombie d’intralcio. L’introspezione psicologica può anche apparire interessante, ma viene risolta più o meno frettolosamente, apparentemente nell’arco di questo singolo episodio che, dopo mesi, continua a lasciarci con il fiato sospeso in merito alle sorti degli altri personaggi principali, in particolare di Daryl, Glenn e Maggie, ai quali di certo siamo più affezionati. Ma – perché no? – anche di Tyreese e di Carol, che hanno una questione non risolta che speriamo gli sceneggiatori non intendano “dimenticare”. Ai prossimi episodi la sentenza. E chi conosce il fumetto di Robert Kirkman sa che le sorprese e le novità non saranno poche.
Scritto da Luca Pasquale.
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Michonne ha di nuovo il superpotere del mimetismo zombie!
Scelte in effetti un po’ ardite per un pubblico che non aspettava altro che rivedere Daryl 🙂 Comprendo la necessità di far esplodere il rancore di Carl, che finalmente si prende il lusso di comportarsi da adolescente in fase ribelle, ma il tempo dedicato alla sua parabola di emancipazione e ritorno mi pare un po’ eccessivo. Molto bella invece la back story di Michonne (nonché la scena della walker Doppelgänger).