Mad Men 6×11: la recensione
La vera svolta della sesta stagione di Mad Men è probabilmente contenuta in quest’ultimo episodio diretto da Jennifer Getzinger e scritto dall’accoppiata Matthew Weiner – Semi Chellas. Qual è l’evento più eclatante di “Favors“? Se vogliamo partire dai dettagli, Peggy Olson adotta un gatto. Proseguendo, Pete Campbell si rivela un uomo più ragionevole del previsto, Bob Benson ci stupisce con un dubbio coming out e Don Draper cerca di riconquistare Sylvia Rosen calandosi nei panni del buon samaritano. Dimentichiamo qualcosa?
Sally Draper entrerebbe di diritto nella Top 5 degli adolescenti più traumatizzati di sempre, se la classifica non fosse già occupata dall’intera famiglia Stark, che ha abbondantemente scalzato quella di Party of Five. Dopo aver assistito alla fellatio della sua lussuriosa step-nonna francofona in “At the Coldfish Ball“, Sally deve affrontare una zozzeria newyorkese ancora più spinta; e se il giovane Don-Dick dei flashback spiava con intenzione la matrigna attraverso il buco della serratura, la piccola Draper continua invece ad assistere incidentalmente agli atti sessuali degli adulti che fanno parte del suo mondo. Come la moglie di Barbablù, Sally usa la chiave che le viene affidata per aprire una porta proibita, e varcando quella soglia la sua vita non sarà più la stessa. C’è però un’ironia implicita al trauma subito: Sally finalmente conosce meglio Don, sa qualcosa di lui; ha potuto vedere uno dei segreti nascosti dietro la serratura dell’anima di suo padre, e quindi non tutto il male è venuto per nuocerle. La vicenda di Sally, prima di raggiungere il suo climax drammatico, crea l’occasione per offrire al pubblico un piccolo spaccato adolescenziale dell’universo di Mad Men: le schermaglie tra lei e la sua giuliva amichetta, l’insistenza con cui quest’ultima si diverte a provocare Megan chiamandola “Mrs Draper”, l’arroganza del giovane rivoluzionario Mitchell Rosen, che si atteggia a rockstar e liquida l’Upper East Side con un lapidario “qui ci sono solo vecchi”.
I favori suggeriti dal titolo interloquiscono con tutte le trame di questo episodio. Peggy implora il favore di Stan per liberarsi del topo che la perseguita, allettandolo con un’ipotetica ricompensa sessuale; Mitchell chiede l’aiuto di Megan per essere salvato dalla guerra; il favore sarà espropriato da Don, sollecitato anche da Arnold, e verrà riproposto ai dirigenti della General Motors creando un certo imbarazzo; l’uomo della provvidenza Ted Chaough prometterà di risolvere lui stesso la questione, chiedendo un favore a qualcun altro. Tutto ciò accade affinché Don possa riscuotere il suo premio, ossia la riconoscenza e l’amore carnale di Sylvia Rosen, che indubbiamente sa come ringraziare il proprio benefattore (così come prometteva di fare Peggy all’inizio di quest’antologia di favori). La serie si chiude con la supplica di Don a Sally, che implicitamente domanda alla figlia di non rivelare a nessuno quanto visto nella camera da letto dei Rosen.
Il favore che Bob Benson ha fatto a Pete in “The Better Half” contiene anch’esso diverse implicazioni collaterali, la cui natura sensuale viene immediatamente confermata. In una situazione che ricorda molto quella della madre di Peter Florrick nella quarta stagione di The Good Wife, Mrs Campbell si dichiara innamorata del pittoresco infermiere Manolo che, stando alla signora, si prende cura di lei sotto ogni punto di vista. Quanto a Bob, nemmeno i suoi favori paiono essere completamente disinteressati: il discorso che fa a Pete riguarda più l’amore che il sesso, ma lo sfioramento di ginocchia che l’accompagna sembra indicare un interesse abbastanza concreto. Non sappiamo però dire se il coming out a cui abbiamo assistito sia reale o fittizio; quello mostrato potrebbe essere il punto di vista soggettivo di Pete. Dopo tutto, le stesse battute, pronunciate con un’enfasi differente, non sono necessariamente una proposta o una dichiarazione, e nella vita quotidiana capita a tutti di toccare involontariamente il corpo delle altre persone, che a volte costruiscono castelli in aria proprio per questa ragione. È pur vero che l’omosessualità di Bob è già stata ipotizzata da Ginsberg nel precedente “A Tale of Two Cities“, anche se gli indizi a disposizione di Michael derivano più che altro dallo spirito evangelico dei discorsi di self-help con cui Bob gli ha riempito la testa. E forse Bob non è l’uomo intelligente che pensavamo fino ad ora; che senso avrebbe fare un’avance a Pete proprio pochi secondi dopo avergli sentito esprimere pensieri omofobi riguardo alla sessualità di Manolo? Comunque sia, la teoria di Bob sull’amore si sposa perfettamente con tutto ciò che accade in questa puntata. Secondo Bob, prendendosi cura di qualcuno con grande dedizione è possibile ottenere in cambio il suo amore; Don mette in pratica questo pensiero con lo stesso zelo da stalker che lo possedeva in “The Crash“, dimostrando infine che l’idea di Bob può funzionare.
Il vero evento rappresentato in “Favors” non è nessuno di questi. A contraddistinguere l’episodio c’è la maturazione di tutti i personaggi, eccetto Don. Il risultato più importante riguarda Pete Campbell, precedentemente “draperizzato” in negativo; ma ora che ha toccato il fondo, Pete dimostra di sapersi rialzare con grande dignità. È capace di riconoscere i propri errori e fallimenti, umani come professionali. Non si scompone davanti all’approccio di Bob e nulla lascia presagire conseguenze nefaste come quelle sperimentate invece da Sal per colpa di Don. Pete non è nemmeno invidioso di Peggy, anzi, è felice per lei (“Almeno uno di noi due è diventato importante”) e le chiede di non compatirlo. Sua madre, oltre a trascinare Peggy in una conversazione ai confini della realtà, lo colpisce al cuore con frasi durissime; Pete non si ribella, non si altera, accetta l’anatema e non impedisce alla madre ormai svanita di fare quello che desidera. Anche se Mrs Campbell pensa il contrario, Pete è diventato un uomo, forse amaro, ma non piccolo; ha imparato ad assumersi le proprie responsabilità, mentre Don Draper non ci è ancora riuscito. Don non è in grado di affrontare il raccapricciante smascheramento davanti alla figlia, rimane confuso nell’atrio del palazzo per riapparire a casa ore dopo, ubriaco. Un’azzeccata scelta registica utilizza ancora una volta il salto temporale creando un’ellissi sulla mancata soluzione della crisi da parte di Don. Quanto accade dopo è ancora più desolante per il protagonista, anche se il suo dialogo attraverso la porta chiusa fa presupporre una maturazione di Sally che, come Pete, incassa la delusione e si lascia impietosire dall’implorazione paterna. Peggy, di nuovo single, accetta la propria condizione: chiude l’emergenza topo procurandosi un gatto, evitando così future chiamate notturne a persone che non sono il suo fidanzato (e anche stavolta la scena della telefonata ricorda Io e Annie di Woody Allen). Infine, Ted supera le proprie ossessioni professionali verso Don, lo striglia a dovere per concedergli poi il favore richiesto, senza rancori.
Il poster appeso nella camera da letto di Stan raffigura il controverso Moshe Dayan, generale israeliano. Altrettanto controversi sono quasi tutti i personaggi principali della costellazione di Mad Men. La scrittura sottile ed elegante ce li ha proposti fino a ora con un ampio margine di sospensione del giudizio morale, volgendo lo sguardo a 360 gradi attorno alle loro psicologie; e adesso che la serie si sta approssimando alla definitiva chiusura con la settima stagione, i nodi iniziano a venire al pettine. Speriamo che qualcuno possa sciogliersi prima dell’ultimo appuntamento estivo, e che lo faccia con la consueta grazia.
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