Nel fantastico mondo di Oz: la recensione
Nel fantastico mondo di Oz, film del 1985 diretto da Walter Murch e interpretato da Fairuza Balk e Nicol Williamson, è finalmente uscito in DVD italiano, dopo ben 27 anni, durante i quali la mitica VHS originale, sempre più introvabile, aveva assunto lo status di cult ancor più che il film stesso.
In questa seconda avventura cinematografica della piccola Dorothy Gale – dopo il celebre musical del 1939 con Judy Garland – l’editor premio Oscar Walter Murch, al suo debutto da regista, affronta la saga letteraria di L. Frank Baum con tutt’altro spirito. Per coloro che avevano amato la sedicenne Garland, così spensierata ma anche così poco credibile nel ruolo di una bambina, sarà stato difficile ritrovarsi una Dorothy interpretata da una vera bimba di dieci anni, malinconica e affetta da insonnia (una esordiente, magnifica Fairuza Balk), che fantastica di una terra in apparenza inesistente, e viene per questo costretta da una zia molto poco lungimirante a farsi curare in una sinistra clinica da uno psichiatra (il suadente Nicol Williamson) dai metodi sperimentali e a dir poco disumani.
Esaurito lo spunto iniziale tutt’altro che rassicurante, dopo che Dorothy viene richiamata a Oz, il film si trasforma in una fiaba dall’andamento narrativo piuttosto tradizionale, basata sul classico viaggio dell’eroe alla guida di un piccolo esercito per combattere il Male. La gallina parlante Billina, l’automa soldato Tik-Tok, il ragazzo con testa di zucca Jack Pumpkinhead e la testa d’alce Gump sono fragili e grotteschi freaks, metafora di un’umanità marginale condannata dal pregiudizio e dall’egoismo, ma si dimostrano capaci di esprimere sentimenti nobili e trovano una nuova ragione di vita aiutando la bambina dal cuore impavido ad affrontare nemici terrificanti come la vanitosa strega Mombi, dalle teste intercambiabili (impersonata da Jean Marsh) e il crudele Re degli Gnomi (a cui dà corpo e voce lo stesso Nicol Williamson con l’aiuto dell’ancora straordinaria claymation di Will Vinton), che vogliono distruggere tutto ciò che rende meravigliosa quella magica terra.
La scelta di fare interpretare i nemici di Oz dagli stessi attori che incarnano il personale della clinica nel mondo reale conferma l’intenzione di fare del film un inno all’immaginazione e alla sensibilità dei bambini, custodi di valori puri e irrazionali, che rischiano di soffocare a causa dell’aridità ottusa degli adulti; un messaggio reso ancor più esplicito dall’ambientazione alla vigilia del Novecento, quando la razionalità scientifica era sul punto di prendere il sopravvento sulla fantasia con i suoi rudimentali marchingegni privi di anima, come la macchina per l’elettroshock (contrapposta agli amici di Dorothy, così profondi e vivi pur nella loro natura di creature artificiali). Rispetto alle atmosfere fiabesche e gioiose del prototipo, questo tardivo sequel non ufficiale presenta toni decisamente più cupi, quasi dark, inframezzati di tanto in tanto da inquietanti guizzi di umorismo macabro (dovuti soprattutto alla natura mostruosa dei personaggi), con una resa visiva paragonabile ai primi lavori di Tim Burton o ai coevi lungometraggi di Jim Henson (Dark Crystal, Labyrinth).
Peccato che non tutti gli spunti narrativi offerti dalla trama trovino un adeguato sviluppo durante lo svolgimento del film, e che alcune soluzioni risentano di un certo semplicismo, tipico delle produzioni Disney in live action del periodo. Specialmente nell’ultima parte, con il poco approfondito ritorno dei protagonisti del film del 1939, ridotti a comparse, si sarebbe potuto fare di meglio. Quel che resta è un classico del fantasy anni Ottanta, nonché una testimonianza della capacità del cinema di quel tempo di costruire personaggi e situazioni che, pur nella loro ingenuità e imperfezione, restano impresse nella memoria per la loro artigianale meraviglia molto più delle sofisticate, ma spesso fredde, produzioni attuali.
Continua a errare su Facebook e Twitter per essere sempre aggiornato sulle recensioni e gli articoli del sito.
Alice C. | Leonardo L. | Sara M. | ||
7 | 7 | 8 |
Un must per la nostra generazione… Il nuovo capitolo della saga diretto da Raimi, per quanto di fattura discreta, non mi ha emozionato nemmeno la metà di questo, e non credo che la sola motivazione sia il fatto che stiamo invecchiando…
Stra-mega-super cult!