Horror Ketchup – V/H/S: la recensione
Se V/H/S fosse stato realizzato una decina di anni fa, probabilmente grideremmo al capolavoro. Ma, tant’è: il film ha debuttato al Sundance a gennaio 2012, e nello stesso anno solare, dopo aver ben figurato anche a Toronto nella sezione Midnight Madness, è arrivato dalle nostre parti, in quel del Torino Film Festival. Aria vintage, da paura su nastro, e fresca etichetta del 2012: ma, nonostante “il tempo inclemente” (del found footage), non si può non simpatizzare con condiscendente tremarella a questo pout-pourri sperimentale ad episodi, un classico AA.VV., da elettrocardiogramma discontinuo, ma nel complesso intelligente “a pillole”.
E veniamo alla storia: che, in sostanza, non c’è. Un gruppo di vandali, armato anche di videocamera, è incaricato di recuperare una non meglio idenficata videocassetta. S’intrufolano in casa del proprietario, che giace stecchito su una poltrona. Per individuare la cassetta, passano in rassegna diversi VHS: altrettanti episodi del film.
Adam Wingard, Glenn McQuaid, Radio Silence (un collettivo formato da Matt Bettinelli-Olpin, Tyler Gillett, Justin Martinez e Chad Villella), David Bruckner, Joe Swanberg e Ti West: questi sono i nomi dei sei registi delle microstorie, che restano scollegate dal punto di vista narrativo – nonostante la cornice – ma appaiono accomunate dal punto di vista tematico, se non da quello dell’estetica: found footage che oscilla dalla Skype Chat – come nel recente Paranormal Activity 4 – ad una spy cam su finti occhiali. E a proposito di lenti: ne usiamo una d’ingrandimento su ogni episodio.
Tape 56 è la cornice (Adam Wingard), di cui abbiamo già accennato. Il suo procedere a scatti – ossia, con le interpolazioni delle altre storie – non gli giova granchè. Soprattutto, dal punto di vista del senso è piuttosto irrisolto, nonostante l’inquietante accelerazione finale.
Amateur Night (David Bruckner) è la storia di tre ragazzi – di cui uno dagli occhiali con videocamerina incorporata – che rimorchiano due ragazze ad una festa. Una delle due, più che assetata di sesso, lo è di sangue. Ma ha anche il cuore tenero. Molto suggestive, nel finale, le riprese, e ben congegnata la vampiresca protagonista.
Second Honeymoon (Ti West) vede una coppietta in luna di miele. Ed un terzo incomodo che fa visita di notte, senza svegliarli, con un coltello. Da buon corto, vive per il colpo di scena finale, che innerva l’opportuna overdose di morbosità psicologica.
Tuesday the 17th (Glenn McQuaid) ha le tipiche premesse dello slasher nel bosco, anche se per ambientazione e modalità di ripresa si adombra della silhouette stregonesca di The Blair Witch Project. Un gruppo di giovani va in campeggio sul lago. Wendy, l’organizzatrice, c’era già stata tempo prima, ed era stato un lago di sangue. Un po’ troppo rocambolesco ed arruffone, ma la figura del killer è interessante.
The Sick Thing That Happened to Emily When She Was Younger (Joe Swanberg) è l’episodio meglio riuscito. Ghost-story con split screen di Skype: Emily chatta col ragazzo, raccontandole di uno strano livido sul braccio, di un incidente da bambina e di misteriose presenze. Un’idea originale, ben diretta in notturno, con contaminazione sci-fi.
10/31/98 (Radio Silence) è una chiusura stile Poltergeist in versione satanica. Un’allegra brigata con nanny cam s’imbuca ad una festa di Halloween. Ma la casa è vuota, eccetto una ragazza da salvare da un rituale poco rassicurante. L’episodio più indovinato nell’effettistica, ma il finale “ad effetto” non è, tutto sommato, così imprevedibile.
Troppa roba, più che tanta roba, V/H/S è una saporosa scorpacciata di cliché, re-insaporiti nel formato degli shorts: shottini dell’orrore, scendono giù che è una bellezza, vivacchiando di un’estetica abusata, che per il fatto di essere ripetuta sei volte nella stesso film, produce fluide e lodevoli variazioni. Piace proprio la sbornia a sorsate, per tutti i gusti: poca amalgama, certo, ma è un cocktail che va sulla quantità.
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Scritto da Antonio Maiorino.