TFF 2012 – Smashed: la recensione
Tra le ossessioni e possessioni della sezione Rapporto Confidenziale del Torino Film Festival c’è anche Smashed di James Posoldt, che trova una strada efficace per raccontare una dipendenza di coppia e le sue conseguenze, grazie alle ottime interpretazioni e ad una scrittura (del regista assieme a Susan Burke) che rifugge il luogo comune.
Kate e Charlie sono sposati e alcolisti: convivono serenamente con la loro condizione che li porta a fare baldoria ogni sera; finché, dopo aver sperimentato una situazione imbarazzante di fronte ai bambini della classe dove insegna, Kate non si rende conto di aver toccato il fondo e decide di porre rimedio alla sua situazione attraverso gli Alcolisti Anonimi.
Senza moralismo, Smashed mette in scena un percorso di riabilitazione fisica e mentale avendo cura di mostrare non solo le difficoltà del percorso, ma anche ciò che si perde allontanandosi da una condizione di rassicurante noncuranza, in cui è difficile separare il problema dai suoi effetti non così immediatamente negativi o deprecabili.
Smashed ha il merito non banale di rappresentare in modo credibile le attrattive della dipendenza, rifugio confortevole soprattutto se è territorio di condivisione con la persona amata. Gli ostacoli che Kate incontra durante la riabilitazione la mettono brutalmente di fronte al fatto che la condizione in cui si è relegata le preclude un rapporto normale con il mondo; ma anche che quello stesso mondo è difficile da interpretare e ben più disposto a ignorare che a comprendere i tentativi di rimedio ai propri errori, quando sono così evidenti e scomodi (si vedano le reazioni della preside e della madre).
La convinzione altalenante, il dolore, la rabbia e infine l’ineluttabile e triste naturalezza con cui due vite fin lì sincrone sono costrette in strade diverse sono raccontati senza alcun patetismo, aggirato sia tramite la personalità ben delineata della protagonista, sia attraverso un contorno in cui tragico, imbarazzante e comico si fondono l’uno nell’altro, come nel ridimensionamento ironico dell’apporto del collega/amico Dave, interpretato da Nick Offerman.
Mary Elizabeth Winstead è il volto perfetto per interpretare il misto di fragilità e decisione di Kate, che riesce a rendere vitale e amabile sia nell’ebbrezza che nella sobrietà. Non è da meno Aaron Paul, già abituato a calarsi in modo convincente nei panni dell’addicted in Breaking Bad, che conferma qui la sua efficacia nel rappresentare l’altra faccia della medaglia, il diniego, la scelta più facile e desolante, che finisce per rendere la distanza abissale. Anche Octavia Spencer è, come sempre, la presenza adatta ad interpretare una saggezza pratica, raggiunta attraverso guai terreni.
Nonostante il punto di vista del film sia legato a Kate, il film rifugge il giudizio morale ed evita che le divergenze esistenziali si appiattiscano in manicheismo. Smashed è un film pragmatico, che parla di alternative e di responsabilità, di tempismo e di chi non è ancora pronto, riuscendo a comunicare tutto lo smarrimento e lo struggimento che accompagnano il momento in cui il senso di autoconservazione si fa tanto insopprimibile da permettere di passare sopra a tutto, più di quanto si vorrebbe: e ci ricorda che ogni guerra, anche quella per se stessi, costringe a fare i conti con le vittime che si lascia alle spalle.
Continua a errare su Facebook e Twitter per essere sempre aggiornato sulle recensioni e gli articoli del sito.
Edoardo P. | Giacomo B. | ||
7 | 8 |
Scritto da Chiara Checcaglini.