The Walking Dead 4×04: la recensione
The Walking Dead prosegue con Indifference, quarto episodio della nuova stagione. L’azione esce dal carcere-fortino, costringendo i nostri eroi ad esplorare l’ormai letale mondo esterno alla ricerca del cibo e delle medicine che fermeranno l’epidemia influenzale killer.
Al campo base imperversa ancora quella che sembra una febbre spagnola del terzo millennio, pandemia peggiore della peste (e dell’apocalisse zombie). Dopo un breve prologo il plot si scinde in due tracce. Protagonista della prima, la squadra all-black composta da Michonne, Tyreese e Bob, capitanata però dal bianco Daryl. Il team, alla ricerca di antibiotici, raccoglie le tensioni di tre personaggi che non sanno darsi pace. Michonne è ancora affannosamente sulle tracce del Governatore, Bob è depresso e alcolizzato, Tyreese è un vedovo inconsolabile ora armato di martello. Il motivo che li accompagna è quello di una didascalica accettazione dello status quo (“let go – move on”), ovvero della necessità di abbandonare rabbia e disperazione per continuare a vivere. Come in uno psicodramma horror, Daryl guida i tre attraverso l’ennesimo edificio pieno di zombie; inutile dire che una volta raggiunta l’uscita i personaggi avranno maturato una maggiore autocoscienza e guarderanno la loro misera esistenza con uno sguardo più lucido. La storia è piuttosto scontata, ma ci regala comunque qualche momento espressivo: in primis l’eliminazione di un morto vivente trapassato dalle chiavi del bagno degli uomini, a seguire le martellate a destra e a manca menate da Tyreese e l’ipotetico flirt Daryl-Michonne, a cui si accenna già dal precedente episodio Isolation.
Parallelamente si sviluppa invece il tema della sottotrama che vede sul proscenio Carol e Rick. In Isolation Tyreese ha posto una domanda: quanto conta un omicidio nella piccola comunità che resiste alla fine del mondo? Come dire, quando tutti hanno le mani sporche di sangue, quale è il valore della vita umana? La parabola di Rick e Carol cerca di rispondere al quesito nel difficile confronto tra i due. Da un lato abbiamo Rick, dittatore pentito che in passato ha ceduto a un istinto omicida e guerrafondaio, e che oggi vorrebbe rimediare mettendo da parte le armi quando possibile. Dall’altro versante si trova Carol, forte di una nuova filosofia derivata dall’emancipazione che l’apocalisse le ha donato. L’evoluzione di questo personaggio è interessante soprattutto perché spinosa: Carol, madre natura in lutto che assiste allo sterminio dei propri figli razza umana, preserva la vita predicando e dispensando la morte. Da donna abusata ha avuto troppa paura della solitudine per rivoluzionare il proprio universo, ma nella sua condizione attuale scopre di essere non soltanto perfettamente autonoma, ma anche in grado di provvedere ai bisogni di una comunità dolente, che richiede protezione. La sua è però un’emancipazione anarchica che trova i presupposti in una mancata percezione dell’autorità: la Carol dopo-catastrofe non segue le regole di nessuno, né quelle del maschio alfa Rick, né quelle vagamente democratiche del Consiglio di cui lei stessa fa parte. Ce lo ha dimostrato nel pilota, quando l’abbiamo vista insegnare di nascosto l’uso delle armi ai bambini; e ce l’ha confermato chiedendo a Carl di mentire al padre per coprirla, ma ha portato le sue idee agli estremi con l’omicidio di Karen e David. Come il cacciatore delle favole, Rick la porta nel “bosco” per abbandonarla; e lo fa perché terrorizzato dalla sua totale indifferenza alle regole della società civile. Laddove Carol vede la sopravvivenza a ogni costo come il precetto base da impartire agli altri e da rispettare in ogni occasione (“Non puoi avere paura di uccidere”), il Rick della quarta stagione vuole tornare alle sue origini di tutore della legge; per se stesso e per la comunità (ma nell’applicare questo pensiero si comporta esattamente come Carol, decidendo da solo al posto di tutti gli altri).
Questa quarta stagione sembra voler fare il punto della situazione collettiva dei suoi personaggi, chiedendosi se le regole alla base dell’esistenza sulla terra siano davvero cambiate per sempre, o se sarà possibile convivere con il costante pericolo appellandosi alle norme di un mondo che è stato; o se la razza umana potrà anch’essa emanciparsi, e trovare la sua nuova strada.
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