Boris – il film: la recensione
Ero prevenuto, lo ammetto. Son entrato in sala pensando già al peggio. Presumevo: non saranno riusciti a rendere lo spirito della serie o la produzione mainstream li avrà costretti a scendere a compromessi. In mente mi balenava una frase: “Boris è un pesce fuor d’acqua”. Poi ho visto Papa Ratzinger, o meglio Stanis La Rochelle nei panni di Papa Ratzinger, e ho capito. Boris era sano come un pesce.
Il passaggio dal piccolo acquario della televisione al grande mare del cinema non aveva avuto alcun effetto sul nostro caro pesce rosso. Poco o nulla era cambiato, se non proprio l’ambiente di lavoro della sgangherata troupe dell’ormai celebre “Gli occhi del cuore”. Perché, come ricorda la stessa colonna sonora di Elio, “dopo la tv c’è il cinema, dopo il cinema la radio e poi la morte”. Il primo ad accorgersene era stato proprio il delegato della rete, Diego Lopez, che proprio a causa del fallimento televisivo de “Il giovane Ratzinger” era stato catapultato in uno dei ranghi più bassi della scala sociale della produzione nostrana: il cinema. Perso fra maglioni infeltriti e “occhialetti alla Gramsci”, costretto a scontrarsi con i miseri budget del grande schermo, il povero Lopez era stato retrocesso da acuto faccendiere a servile pseudointellettuale. La rete (fa sorridere come la Rai, che produce e distribuisce il film, ironizzi su se stessa), dall’alto dei suoi altolocati e desolanti capostruttura, ha infatti l’arduo compito di realizzare pellicole artistiche e colte, che si pongano a baluardo dell’erudizione di fronte alla forza dei cinepanettoni. Film cerebrali, magari adattati da qualche libro di successo, che riflettano e analizzino la nostra società. Film come La Casta, testo scandalo di Gian Antonio Stella.
Boris passa dunque dalla tv al cinema, e, con lui, passa anche la sua graffiante ironia. Se gli obbiettivi del suo mordace sarcasmo erano stati, per tutta la serie, i meccanismi culturali e produttivi della televisione, quelli del film diventano i vizi e le anomalie del nostro cinema. Non sono però solo cinepattoni, i Natale in giro per il mondo, a finire sotto le grinfie di René Ferretti e al sua troupe. Con lo stesso piglio pungente infatti Boris colpisce Neri Parenti e Matteo Garrone, i fratelli Vanzina e Calopresti. Le piccole perversioni sono infatti una caratteristica peculiare di tutto il nostro cinema, non solo dei film di cassetta. Così, accanto all’attrice “cane” Corinna Negri, esempio di interprete inetta tipica di certi format televisivi, va in scena un’irriverente imitazione della caratteristica attrice impegnata italiana. La Casta del cinema dunque è avvertita. Boris è tornato.
Scritto da Giampiero Francesca.
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Chiara C. | Sara M. | ||
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