Real Steel: la recensione
Real Steel, film prodotto da Steven Spielberg e Robert Zemeckis e diretto da Shawn Levy, è una favola moderna, tratta da un racconto di Richard Matheson, che promette di portare al cinema grandi e piccoli in pieno spirito natalizio.
Nel 2020 la boxe umana è stata sostituita da quella robotica. Enormi automi radiocomandati combattono sul ring come moderni gladiatori guidati dai loro proprietari. L’ex pugile Charlie Kenton, pieno di debiti, cerca di sfondare senza successo in questo sport. Quando dovrà occuparsi del figlio che non ha mai conosciuto si troverà a fronteggiare non poche sfide sulla sua strada. In un mondo dove tutto è digitale e non si aggiusta più nulla, fa la sua comparsa Atom, robot di vecchia generazione, fatto “per prenderne tante e non darle mai”, alter ego del protagonista, imparagonabile ai campioni della lega mondiale. Vecchio, rugginoso e inadeguato, ma con lo sguardo intenso, che ricorda molto il personaggio di Eve in Wall-E, riserverà non poche sorprese. Un vero Rocky Balboa coi bulloni: una scommessa persa che si rivelerà un tesoro.
Quasi un road movie, che echeggia da ogni parte quell’Over the Top con Stallone e figlio in viaggio a bordo di un camion, rileggendolo in chiave moderna e politicamente corretta, edulcorato da qualsiasi crudezza, con cattivi un po’ stereotipati, che alla fine la pagano sempre. La violenza è relegata al ring, dove i robot pugili si massacrano senza pietà, permettendo agli umani di sfogarsi senza conseguenze. Tutto sembra calcolato: la gioia, la tristezza arrivano al pubblico nella maniera più semplice e diretta possibile. Il piccolo Dakota Goyo, costantemente sullo schermo, gioca bene il suo ruolo, un po’ stucchevole ma comunque convincente. Hugh Jackman (X-Men le origini: Wolverine) ed Evangeline Lilly (Lost) sono all’altezza del ruolo, senza strafare. Su tutti svetta il robot Atom, realizzato con la stessa tecnica di Avatar, che, nonostante la sua solo apparente inespressività, riesce a regalare alcune emozioni genuine. Il resto sono combattimenti epici e quadretti familiari un po’ scontati in stile Disney (anche se qui siamo alla Dreamworks). Il rapporto fra umani e automi è poco approfondito e lasciato in superficie, per non rubare spazio alle scene più spettacolari, sacrificando il contenuto a favore della forma. Se si è disposti ad accettare queste mancanze il film risulterà godibile e leggero, con qualche piccola chicca per gli amanti dei robot, grandi e piccoli che siano.
Scritto da Leonardo Ligustri.
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