Venezia 76 – Gloria Mundi: recensione
Guédiguian racconta un dramma corale di grande attualità e profonda umanità
A due anni di distanza da La casa sul mare, Robert Guédiguian torna in Concorso alla Mostra del Cinema di Venezia con Gloria Mundi. Con l’inseparabile contributo di un cast di fedelissimi in cui si distinguono la moglie Ariane Ascaride e gli amici di sempre Jean-Pierre Darroussin e Gérard Meylan, il regista francese torna a raccontare la gente comune, di ceto sociale modesto, della sua Marsiglia, dando vita a un dramma corale di grande attualità e profonda umanità.
Come nel precedente La casa sul mare, che però si ambientava nel contesto della media borghesia, al centro della vicenda sono i legami familiari, che si ricompongono in seguito a un evento importante: lì era l’ictus che ha colpito il padre a riunire i tre figli – interpretati sempre dallo stesso trio di attori – nella casa natale; qui è la nascita della nipotina, a cui viene dato il nome Gloria, a convincere Daniel (Méylan), che ha appena finito di scontare una lunga condanna in carcere, a tornare a Marsiglia per riallacciare i rapporti con la figlia Mathilde (Anais Demoustier), che ha dato alla luce la bambina, e con l’ex compagna Sylvie (Ascaride) che, durante la sua detenzione, si è sposata con Richard (Darroussin) e ha avuto un’altra figlia (Lola Naymark). Daniel scopre che la sua famiglia è oppressa da gravi problemi economici e fa il possibile per aiutarla.
La scelta di raccontare in maniera realistica storie di persone comuni porta Guédiguian verso una regia estremamente rigorosa, che fa della semplicità la sua cifra stilistica. «Continuo ad amare il cinema che non si compiace e che “nasconde” la messa in scena» ha dichiarato il regista, citando come modelli in tal senso maestri come Ford e Ozu. Anche in questo caso, l’attenzione è tutta sulle storie e sui rapporti fra i personaggi, raccontati con un’empatia rara. Lo sguardo che emerge dalla narrazione è improntato a un forte pessimismo nei confronti della società contemporanea, in cui le difficoltà economiche sembrano avere spazzato via ogni principio di solidarietà e l’egoismo domina in ogni settore, dalla famiglia al lavoro.
L’assenza di valori riguarda soprattutto i personaggi di seconda generazione, a cominciare proprio da Mathilde, allo stesso tempo vittima e responsabile di azioni completamente antietiche, proseguendo con il marito Nicholas (Robinson Stévenin), sempre inadeguato e capace solo di cacciarsi nei guai, e finendo alla coppia composta dalla sorellastra e dal di lei compagno, che coltivano il mito del successo a ogni costo e disprezzano coloro che considerano perdenti. Diverso il discorso sui personaggi coetanei del regista, i quali si dimostrano, al contrario, disposti a qualsiasi sacrificio e alle più estreme rinunce pur di proteggere quei giovani ai quali non erano riusciti a garantire un futuro. E sono proprio loro al centro delle sequenze più toccanti, dallo scontro fra Sylvie e i colleghi durante uno sciopero alla lenta riscoperta del rapporto fra la donna e Daniel, con quest’ultimo che, nonostante il suo passato o forse proprio grazie a quello, sembra assumere il ruolo di punto di riferimento umano dell’intera famiglia. La profondità di questo personaggio – fra i più bei ritratti maschili del cinema di Guédiguian – si esprime anche attraverso l’abitudine di scrivere haiku, ovvero brevi aforismi che fissano su carta momenti felici.
Sensibile, riflessivo, amaro, Gloria Mundi è un racconto morale ma niente affatto moralista, perfettamente inserito nella filmografia del regista, che dimostra ancora una volta di saper raccontare con uno sguardo etico d’altri tempi gli aspetti più desolanti della realtà in cui viviamo.
Davide V. | Alice Casarini | ||
7½ | 8½ |
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