FestivaldiSara Mazzoni,23 Ottobre 2018
Dog – Recensione – TOHorror Film Fest
Storia surreale di un uomo-cane, mescola disperazione e bontà d’animo
Proiettato fuori concorso in chiusura del TOHorror Film Fest, Dog è solo apparentemente una scelta ardita nella programmazione di un festival dell’orrore. Diretto da Samuel Benchetrit, il film è una co-produzione franco-belga che parla in modo surreale di un uomo in crisi. Il cane del titolo è proprio lui: dopo essere stato allontanato dalla famiglia e avere perso il lavoro, Jacques Blanchot trova la sua ultima possibilità di contatto umano trasformandosi nel cane di un losco addestratore. La mutazione non è nella carne, sia ben chiaro: il protagonista è un uomo che si comporta come un cane.
Dog sembra inizialmente una commedia nera. Ma il tono comico che serpeggia nel primo atto si dissolve nell’oscurità, mentre ci si inabissa nello stranissimo racconto della rivoluzione-evoluzione personale di Jacques. A farla vibrare sullo schermo è l’interpretazione di Vincent Macaigne, perfetto per la parte grazie a una mimica che mescola disperazione e bontà d’animo, con un’aria sinceramente canina che commuove e irrita al tempo stesso.
Tratto dal romanzo omonimo del regista, il film vede Vanessa Paradis nel ruolo della ex moglie di Jacques. L’antagonista è interpretato da Bouli Lanners, che conferisce una nota umana al ruolo violento dell’addestratore di cani. La parte era stata pensata per Jean-Claude Van Damme, che però non ha poi accettato a causa di divergenze di visione con Benchetrit. Lanners conferisce al ruolo una fisicità ruvida ma sicuramente più contenuta, appropriata nel bilanciamento con Macaigne – un Van Damme in quella posizione avrebbe forse esasperato il sottotesto in modo didascalico, o magari avrebbe reso il film ancora più conturbante; non lo sapremo mai.
C’è la vena beckettiana di Godot, e, come fatto notare su Sentieri Selvaggi, stilisticamente ricorda il cinema di Aki Kaurismaki e Roy Andersson. Il risultato è disturbante, inclassificabile, weird. È una storia di abuso, che scruta con sguardo obliquo attraverso i luoghi comuni delle relazioni squilibrate tra individui, restituendo un quadro originale e bizzarro. È anche una storia di resistenza, in cui un protagonista passivo riesce a commuovere proprio per come traduce un’intelligenza animale, parallela a quella umana.