We’re still flying.

Se provate a sussurrare all’orecchio di un discreto numero di persone queste parole (pronunciate dal capitano Malcolm “Mal” Reynolds/Nathan Fillion sul finale della prima puntata), con certezza quasi matematica farete scendere una lacrima anche al peggior duro di cuore. In un’ipotetica classifica delle serie di culto, infatti, Firefly si potrebbe giocare il primo posto soltanto con l’altrettanto amata e martirizzata Freaks and Geeks. Correva la fine dell’anno 2002 quando la FOX decise, dopo averle riservato una programmazione profondamente sbagliata (tra cui il primo, bellissimo, doppio episodio, Serenity, diffuso inspiegabilmente come ultimo), di cancellare Firefly dopo una sola stagione.

Creata da Joss Whedon, con il supporto del produttore di Angel, Tim Minear, e di un pool di sceneggiatori che andrà poi a riempire le fila delle migliori serie degli ultimi dieci anni, Firefly è stata una grande scommessa, purtroppo mancata. In una commistione di generi affascinante, la serie propone una space opera in salsa western che risulta tanto astrusa sulla carta quanto immediatamente coinvolgente sullo schermo. Il mondo distopico da “vecchio futuro” di Firefly, in cui si mescolano pianeti abitati da contadini schiavi e pianeti futuristici, culti ancestrali e tecnologia avveniristica, astronavi e cavalli, in una cultura al contempo retrograda e liberale governata da un sistema politico accentratore denominato l’Alleanza, risulta immediatamente credibile e funzionale al racconto.

Whedon, come sempre, crea una coralità di personaggi saccenti e divertenti e, al contempo, profondamente traumatizzati: chi in maniera più evidente, come la giovanissima River Tam (Summer Glau), vittima di esperimenti governativi da cui cerca di fuggire aiutata dal fratello Simon (Sean Maher); chi in maniera più nascosta, come il burbero Mal, reduce perdente di guerra, che continua a indossare la divisa indipendentista – il cappotto marrone diventato poi simbolo dell’intero fandom – che vuole “continuare a volare” alle sue condizioni. A fare da sfondo alle avventure di questa banda di disperati e fuorilegge, la vecchia astronave Serenity, gestita da Mal e dalla sua squadra di contrabbandieri (l’amore di Mal per la Serenity non può che ricordare l’amore che l’altro grande misfit dello spazio, Han Solo, nutre per il suo Millennium Falcon).

Tra i personaggi cui la prematura scomparsa della serie non dà tempo di svilupparsi appieno, è impossibile non citare Inara (Morena Baccarin), che ha il vanto di essere l’unico personaggio seriale di prostituta presentata senza alcuna malizia, patetismo o giudizio morale. Dopo la visione di questi 14 episodi è inevitabile l’amaro in bocca per ciò che questa serie poteva essere. Per nostra fortuna, Whedon e i suoi agguerriti fan hanno vinto la loro piccola guerra d’indipendenza e alcune delle storyline più importanti avranno la loro conclusione con il film Serenity.

Lucia T.Chiara C.Giacomo B.Sara S.
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