Mud: la recensione
Distribuito in una manciata di sale nostrane a fine agosto, Mud, il terzo lungometraggio di Jeff Nichols, è passato purtroppo per lo più inosservato. Eppure è forte del physique du rôle di Matthew McConaughey e della bravura dei giovanissimi Tye Sheridan (visto in The Tree of Life) e Jacob Lofland, ovvero Ellis e Neckbone, che sembrano usciti da Stand by Me. Come il film di Rob Reiner, Mud è una storia di iniziazione e transizione verso l’età adulta, che inizia con l’oltrepassamento di un confine naturale, la soglia d’acqua del Mississippi oltre la quale stanno l’avventura e l’ignoto, nella fattispecie un’isola e una barca assurdamente incastrata tra i rami di un albero.
Ma la barca non è disabitata, come pensano i due ragazzini: è dimora del misterioso Mud (un vagabondo? Un lupo di mare?) che non può muoversi dall’isola perché deve aspettare la sua bella. Dei due giovani esploratori, Ellis è quello che ha più bisogno di fare domande e capire ad esempio perché l’amore tra due genitori possa finire. Per questo è soprattutto Ellis a rimanere colpito da Mud, dai suoi racconti fantasiosi di portafortuna e rimedi contro i serpenti, e soprattutto dalla sua storia d’amore totale per la bionda Juniper.
Entrando nel mondo di Mud, Ellis si scontra però con l’evidenza che non esistono realtà facili da decifrare, e che bugie, scelte sbagliate, complicazioni sono parti integranti della vita adulta. Mud non è un eroe romantico, ma un ricercato che ha ucciso, anche se per amore, e anche se i nemici che adesso lo cercano sono comunque più deprecabili e colpevoli di lui. E Juniper è la maginfica ossessione di Mud, ma anche una donna che ha legittimamente scelto altri e altro da Mud, poco importa se sbagliando o meno. Al solitario Tom Blankenship, interpretato da Sam Shepard, killer in pensione e figura paterna per Mud, il compito di cercare di rimettere brutalmente al centro la realtà, e di accompagnare, e all’occorrenza difendere, la presa di coscienza sia di Mud che di Ellis.
La costruzione del film segue le tappe inevitabili della formazione: dopo l’idealizzazione dell’esperienza di Mud da parte di Ellis, la delusione e il rifiuto. Un incidente imprevisto rimette però le cose nella giusta prospettiva, e prepara a una resa dei conti finale in cui si ristabiliscono “buoni” e “cattivi”.
Nonostante antagonisti banalmente malvagi, il rischio di un manicheismo idealista è scongiurato dall’umanizzazione di Mud e Juniper, dal rifuggire un consolatorio lieto fine, dall’adesione al punto di vista di Ellis e alla sua ricerca di significati. Sullo sfondo della provincia fluviale dell’Arkansas, che Nichols ha cura di raccontare sottolineandone l’isolamento e le contraddizioni (la vita di città e la vita del fiume, destinata a scomparire), Mud si re-impossessa alla fine di un alone di miticità, mentre Ellis, incassati la delusione, il dolore, la paura, diventa più consapevole, ma fortunatamente già pronto, nell’epilogo, ad accogliere le esperienze nuove che la sua età gli consente.
Chiara C. | Antonio M. | Davide V. | Edoardo P. | Eugenio D. | Michele B. | Stefania M. | ||
7 1/2 | 7 1/2 | 7 1/2 | 7 1/2 | 7 1/2 | 7 | 7 1/2 |
Scritto da Chiara Checcaglini.