Serie TVdiSara Mazzoni,6 Dicembre 2018
Kidding – Stagione 1: recensione
Il dramedy Showtime con Jim Carrey e la regia di Michel Gondry
Creata da Dave Holstein, Kidding è la serie che mette di nuovo insieme Michel Gondry e Jim Carrey dopo Eternal Sunshine of the Spotless Mind. In Kidding, Carrey è il protagonista Jeff Piccirillo, alias Mr Pickles, conduttore di uno show per bambini ispirato a Mister Rogers’ Neighborhood. Lo incontriamo in un momento devastante della sua esistenza, dopo la morte di uno dei suoi due figli preadolescenti. Gondry dirige buona parte degli episodi, che hanno tutti un’estetica e un tono evidentemente impostati sullo stile del regista francese.
Mr Pickles e la morte – Kidding: recensione
Dark comedy più che dramedy, come sottolineato dal New York Times, la prima stagione di Kidding unisce il mondo colorato della tv per bambini – e di Gondry – a un concept sull’elaborazione del lutto. C’è un uomo di mezz’età (bianco, etero, cisgender) che va in pezzi, e il dissolversi della sua normalità è il centro della narrazione, come già in tantissime (forse troppe) altre serie televisive. Eppure, la storia di Mr Pickles non è l’epopea antieroica a cui ormai siamo abituati – quella in cui il protagonista, tormentato da traumi infantili come Don Draper o suo cugino BoJack, si comporta come un sociopatico distruggendo sistematicamente la vita delle altre persone.
Kidding descrive un mondo in cui Jeff Pickles è circondato da adulti che non fanno nulla per aiutarsi tra loro. Jeff rivendica per l’intera stagione il diritto a vivere il proprio lutto coi tempi necessari, senza separare la sua immagine pubblica da quella emotiva, reclamandone caparbiamente la dignità. I familiari lo osservano con distacco, aspettando il suo crollo e ostacolandolo quando il suo comportamento viene ritenuto socialmente sconveniente.
Quella di Mr Pickles diventa quasi una forma di disobbedienza civile. In un mondo che pretende lavoratori perennemente efficienti, dalle emozioni ripulite e controllate, la lotta di Jeff è rivoluzionaria. Si ribella all’autorità (incarnata da suo padre Frank Langella, producer dello show), pretendendo di poter essere se stesso sullo schermo e di parlare ai bambini della morte.
In Kidding c’è una componente di suspense basata sulla continua anticipazione di un crollo che sembra inevitabile. Ma Mr Pickles ci sorprende con la sua forma di resistenza definitiva: la gentilezza. Mentre i cinici attorno a lui cominciano a loro volta a cedere alle proprie crisi esistenziali, Jeff si dimostra capace di raggiungere davvero le altre persone e aiutarle, talvolta anche suo malgrado, sia attraverso lo show, sia nella quotidianità. Per questo, Jeff è un raro esempio televisivo di figura maschile in crisi che invece di distruggere, si prodiga per gli altri; e più va in crisi, più si intestardisce nel continuare a farlo.
La chiave scelta da Kidding per trattare l’elaborazione del lutto può risultare sconcertante. Nell’insostenibile cuteness generale, fatta di pupazzi teneroni ed echi dei videoclip e dei film di Gondry, si inseriscono ondate di umorismo macabro. È spesso senza filtri, enunciato attraverso il cinismo sfrenato dei personaggi, ma anche delle inquadrature, delle situazioni e dei contrasti creati da regia, sceneggiatura e montaggio. Jim Carrey è ovviamente perfetto per una parte come questa, scritta proprio per lui da Holstein.
Episodi e analisi della stagione SPOILER! – Kidding: recensione
L’andamento della prima stagione di Kidding è vivace, nonostante impieghi qualche episodio per assestarsi – tant’è che lo show ha ricevuto critiche miste, tra cui alcune che contestano un’indecisione nei toni, sempre in equilibrio tra riso e tragedia. Con l’avanzare della stagione, lo show si fa però più ardito, giocando sul creare aspettative da attendere/disattendere in modo spesso imprevedibile.
L’episodio Bye, Mom (1×04) sembra dare ragione al cinismo dei comprimari, ma poi, con una svolta surreale, ci rivela che aveva sempre avuto ragione l’apparentemente illuso Mr Pickles. Esce direttamente da un manuale di sceneggiatura Philliam (1×08), classica interruzione della trama presente per un intero episodio di flashback. Entriamo nella vita di Jeff prima dell’evento che l’ha cambiata per sempre. È un collage di momenti che racchiudono tutte le cause della sua futura crisi: il rapporto col figlio difficile, destinato alla morte, e il senso di responsabilità del genitore, motivato nell’episodio da un’ironia drammatica che rende tutto ancora più tragico. Ogni elemento di questa storia esiste sempre in funzione di un altro, con un’ottima scrittura da short story in questa puntata rivelatrice.
C’è una nota negativa legata alla vicenda della sorella Deirdre, interpretata da Catherine Keener. Nell’episodio LT. Pickles (1×09), è rappresentata fuori campo, tramite l’audio, quella che senza altri elementi narrativi si qualifica come una violenza sessuale, compiuta proprio da Deirdre. Viene però raccontata come un siparietto di comicità erotica, perpetuando il luogo comune secondo il quale lo stupro maschile è una cosa che fa ridere.
L’episodio successivo Some Day, finale di stagione, ribalta quello che sembrava il punto di arrivo del viaggio di Jeff. Come abbiamo visto, lo show flirta dall’inizio col concetto di crollo nervoso, ma ci dice ripetutamente che la crisi può essere attraversata in modi non scontati, soprattutto non violenti. Arrivati alle ultime scene, quando ormai Jeff sembra proiettato verso un futuro meno tetro, tutto questo viene cancellato: il suo lato oscuro infine si rivela, prendendo il comando.
Da un verso è la legge della serialità. Fosse stato un film, il protagonista avrebbe risolto i propri problemi; ma qui le stagioni devono andare avanti, e per farlo non va bene un protagonista risolto. Eppure, questo finale non arriva come fine a se stesso. Tutta la stagione è caricata di anticipazioni, continuamente disattese, sulla pericolosità del malessere raccontato. La psicosi di Jeff nel finale arriva comunque come una sorpresa, ma risulta allo stesso tempo credibile – e per questo, chapeau a Kidding, ma pietà per i suoi poveri personaggi.
Sara M. | ||
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