Incontro con Leiji Matsumoto, Maestro di speranza
Il creatore di Capitan Harlock racconta la sua filosofia a Lucca Comics & Games
Il ricordo dell’edizione appena trascorsa di Lucca Comics & Games resterà per sempre legato alla presenza di Leiji Matsumoto. Il leggendario mangaka giapponese, creatore di serie entrate nell’immaginario collettivo di molte generazioni, come Capitan Harlock, Galaxy Express 999 e La corazzata Yamato, che portarono la space opera a livelli inarrivabili di profondità e poesia, è stato infatti premiato con il Gran Guinigi come Maestro del Fumetto, e si tratta di un riconoscimento assolutamente meritato.
Maestro di vita e di stile oltre che dell’arte sequenziale, Leiji Matsumoto ha incontrato la stampa lucchese dimostrando da subito la sua gratitudine verso una città le cui architetture somigliano a quelle che vedeva da ragazzino nelle riviste illustrate, e che si divertiva a disegnare dopo averle rielaborate in sogno. Ed è proprio in una commistione di grande fascinazione per la cultura occidentale e profondo rispetto per le tradizioni nipponiche, e nella sovrapposizione fra ricordi di realtà, sogni e sguardi al futuro che il Maestro intinge da sempre la sua creatività. Matsumoto, che ha compiuto 80 anni lo scorso gennaio, ha raccontato sé stesso, i suoi personaggi e la sua filosofia di vita con l’entusiasmo e la passione di un giovane, riservandosi anche un messaggio di speranza per i suoi ammiratori che è il primo ad applicare.
Leiji Matsumoto ha fatto sognare diverse generazioni, mantenendo intatta nel tempo la qualità delle sue opere. I suoi anime classici innanzitutto, che risalgono agli anni ’70, e che arrivarono in Italia tra la fine del decennio e l’inizio degli anni ’80, tutt’ora colpiscono per il loro spessore drammatico e per il senso di infinito che trasmettono. Il Maestro ha sempre concepito Harlock, Maetel, Emeraldas e gli altri iconici personaggi da lui creati come appartenenti allo stesso universo narrativo, e le loro avventure come parti di un’unica storia che non vuole finire di scrivere, e che continua per l’eternità.
Nell’ideazione dei suoi personaggi, caratterizzati da un eroismo, da un idealismo e da un romanticismo unici, Matsumoto afferma di aver riportato su carta figure che non aveva mai visto dal vivo, ma che già erano dentro di sé, essendogli apparse in sogno. Il Maestro sostiene infatti che la conoscenza degli antenati faccia parte del patrimonio genetico di ognuno di noi e che possa emergere offrendo visioni di esperienze da loro vissute generazioni prima, ma destinate a ripetersi nel presente (proprio come accade ad Harlock e Tochiro nel lungometraggio L’Arcadia della mia giovinezza). Matsumoto racconta un aneddoto secondo il quale, almeno all’inizio della sua carriera, non era soddisfatto del character design dei suoi personaggi femminili, fino a che, una notte, gli apparve in sogno una donna dalle sembianze occidentali, dalla fisicità snella e dai lunghi capelli biondi, e ne rimase colpito. Poco tempo dopo, il Maestro visitò un tempio e vi trovò una statua che raffigurava una donna europea identica a quella che aveva sognato. Da allora, quasi tutte le protagoniste delle sue opere hanno queste sembianze, con lievi variazioni. Si tratta, per inciso, di personaggi femminili forti, donne capaci di esprimere delicatezza di sentimenti, ma anche molta determinazione.
Un’altra fonte di ispirazione per l’opera di Matsumoto è offerta dal cinema, in particolare dai film che vedeva da ragazzino. Via col vento, visto a 9 anni, resta uno dei suoi preferiti, e cita la frase di Rossella O’Hara I’ll never be hungry again come una dichiarazione di intenti, lui che la fame e il disagio li visse davvero, essendo stato bambino durante la Seconda Guerra Mondiale. Altrettanto determinante fu la visione di Marianne de ma jeunesse di Julien Duvivier, una produzione franco-tedesca di genere fantasy romantico, la cui incantevole protagonista Marianne Hold fu uno dei principali modelli per il personaggio di Maetel. Inoltre vi è una forte influenza del cinema western, soprattutto quello italiano, tanto che, nel 1967, realizzò la trasposizione manga di un film di quel genere, I cinque della vendetta di Aldo Florio (la cui traduzione italiana è stata presentata in volume proprio quest’anno a Lucca). L’elemento western è presente in quasi tutte le saghe del Maestro, e la risoluzione dei conflitti avviene spesso con un duello con le pistole, come nella tradizione della frontiera.
Nell’immaginare un futuro di esplorazione dello spazio, il Maestro ha creato mezzi iconici come l’astronave Arcadia, la corazzata Yamato e il Galaxy Express 999, che sono rielaborazioni di mezzi esistenti trasformati per un contesto spaziale, rispettivamente un vascello pirata, una nave da guerra e un treno modello C62. Quest’ultimo collegava Kyushu a Tokyo in un viaggio di 24 ore, ed è il mezzo sul quale il giovane Matsumoto viaggiò, dopo aver dato fondo ai suoi risparmi, per raggiungere la casa editrice che lo aveva appena assunto. Proprio a questo episodio, da lui considerato una specie di viaggio della vita, si ispira la premessa alla base della saga del 999, all’inizio della quale il protagonista Tetsuro non ha i soldi per salire sul treno, proprio come l’autore alla sua età.
L’esperienza personale che si riversa nelle opere del Maestro coinvolge anche i suoi familiari. Okita, il valoroso comandante della corazzata Yamato, trae ispirazione dal padre dell’autore, che discendeva da una stirpe di samurai e combatté come pilota nel secondo conflitto mondiale, mentre il giovane ufficiale Susumu, destinato a succedergli al comando dell’astronave, è ispirato al fratello di Matsumoto, ingegnere aerospaziale.
È proprio dal padre che Matsumoto ha ereditato i valori e gli ideali, una filosofia di vita basata sul concetto di non arrendersi, di non fuggire, di rialzarsi sempre dalle avversità, ma non ascrivibile a un militarismo tradizionale. I personaggi del suo universo narrativo sono caparbi e determinati nel combattere, rigorosi nel non tradire mai i loro amici e i loro ideali, ma nutrono un profondo rispetto e un’assoluta empatia anche nei confronti dei loro avversari. Sono costretti a ricorrere alla guerra perché non esiste alternativa, ma la loro determinazione è più votata al non lasciarsi sopraffare, che al distruggere il nemico. A conferma della sua visione umanista e niente affatto guerrafondaia, il Maestro afferma infatti che il mondo non dovrebbe più avere bandiere, che non dovrebbe esserci più nessuna differenza di nazionalità e che questo è il momento in cui le persone dovrebbero unirsi, lavorare insieme e proteggersi, auspicando la fine di ogni divisione.
In occasione dell’incontro, Matsumoto si riserva un momento per condividere con i suoi fan e tutti i presenti un messaggio positivo rivolto all’oggi e al domani, dal quale traspare tutta la sua umanità. «I giovani – afferma il Maestro – non dovrebbero vergognarsi di piangere, ma di arrendersi. L’umanità sogna sempre meno. Tenetevi stretti i sogni, sono importanti e permettono un futuro migliore. Bisogna pensare che domani qualcosa ci porterà a realizzare i desideri. Siamo nati per vivere, non per morire o arrenderci». Un vero mantra, che ha segnato tanto la vita quanto le opere di Matsumoto, permettendogli di guardare ancora avanti con l’entusiasmo di un ragazzo. Quello stesso che lo ha portato ad assegnare al Galaxy Express il numero 999 perché, rispetto al 1000 che indica pienezza, esprime incompiutezza, giovinezza, speranza.
Complimenti articolo bello e scritto molto bene!
Grazie mille, Claudio! Molto gentile! Ho cercato di non tralasciare nessuno dei concetti salienti emersi dall’incontro del Maestro con la stampa, raccontando in poche righe una sintesi della sua poetica, del suo pensiero e della sua grandezza.