Guida TV 15-21 gennaio 2018

“Ognuno di noi ha tre vite: una pubblica, una privata e una segreta”, recita la tag-line del film, secondo incasso italiano del 2016 dopo Zalone. Una commedia di ottima qualità, intelligente e cattiva come non si vedeva da tempo.

Clint Eastwood dirige sé stesso, nella parte di un ladro high-tech che assiste a un omicidio in cui è coinvolto il Presidente degli Stati Uniti. Nel cast all-star troneggia Gene Hackman nel suo ruolo preferito di quegli anni, l’uomo di potere ambiguo e bastardo.

A metà fra horror e dramma storico, un affresco medievale che sembra quasi la prova generale di Game of Thrones, con Sean Bean cavaliere senza cedimenti e Carice Van Houten sedicente sacerdotessa di un culto pagano.

Il ragazzo invisibile rimastica canoni, personaggi (gli X-Men su tutti) e ottiche produttive di largo respiro e crossmediali del cinema dei supereroi statunitense adattandole a forme di racconto nostrane, nel tentativo di rendere queste ultime più accattivanti senza però tradirle davvero. [leggi la recensione]

Un lungo siparietto iniziale illustra la grama vita di Harry presso gli zii babbani (non-maghi) fino al catartico arrivo della lettera di ammissione a Hogwarts, che apre letteralmente le porte della magia al giovane e ignaro “ragazzo sopravvissuto”. [leggi la recensione]

Un villaggio del XIX secolo, circondato da una foresta infestata da mostruose creature, come metafora di un America contemporanea che si chiude in sé stessa e nelle sue tradizioni, divenendo schiava delle proprie paure.

La Marvel tasta il terreno delle trasposizioni cinematografiche dei suoi fumetti puntando su un antieroe dark e dannato tipicamente anni ’90. Nella parte del mezzo vampiro, un Wesley Snipes sulla cresta dell’onda.

“Oh, han messo Branagh alla regia, ne verrà sicuramente fuori qualcosa di serio e profondo e pseudo-intellettualoide e shakespeariano”. Niente di più fuori bersaglio. Questo Thor va prima di tutto preso alla stessa stregua di una favola, anzi, di una favolona. [leggi la recensione]

Tratto da un fumetto Dark Horse, il film che consacra Jim Carrey come nuovo re della comicità anni ’90 deve molto agli straordinari effetti visivi che aggiornano al digitale le folli gag dei cartoon di Tex Avery.

Una commedia drammatica che ripercorre in modo ironico vent’anni di storia della mafia attraverso i ricordi personali di un ragazzo di Palermo. Buon trampolino di lancio per il regista e protagonista, al secolo Pierfrancesco Diliberto.

Un biopic che racconta (con disinvolte licenze) la tragica storia di Alan Turing, genio della matematica che aiutò a vincere la Seconda Guerra Mondiale, ma che fu perseguitato per la propria omosessualità.

Secondo capitolo del fortunatissimo franchise d’animazione. Cambia il regista, aumentano gli incassi, la qualità si mantiene a livelli più che buoni.

Un thriller poliziesco che si trasforma in un horror soprannaturale, con una coppia di sbirri – i sempre impeccabili Denzel Washington e John Goodman – a caccia di un’entità demoniaca con la passione per i Rolling Stones.

Entriamo in modalità “Divano & Netflix”.