Stranger Things 2, tra citazionismo e New Weird
Al di là del remix pop e nostalgico, sempre più una storia di fantascienza horror
Stranger Things è una delle serie più popolari di Netflix. Anzi, secondo le ultime analisi è la più seguita in assoluto, battendo anche gli show degli altri servizi on demand. Lo si intuiva anche senza i dati alla mano: nel periodo di Halloween i feed dei social media sono stati invasi da articoli, commenti e immagini che accompagnavano il lancio della seconda stagione. Tutti guardiamo Stranger Things, tutti abbiamo un’opinione. Siamo fan oppure lo snobbiamo con fastidio, ma lo conosciamo bene – insomma, è difficile incontrare un consumatore di serialità televisiva che non ne sappia nulla.
Stranger Things 2 e il New Weird
Con una premessa del genere, le aspettative sulla seconda stagione erano talmente alte da diventare insostenibili. E allora com’è questa seconda stagione, identificata fin dai titoli di testa come Stranger Things 2? È diversa dalla prima, ha un respiro più adulto, pur mantenendo quelle caratteristiche che la rendono così riconoscibile. Si addentra con più decisione nel territorio della fantascienza horror, lasciando in secondo piano la parte rassicurante dello show, quella che prende spunto dai film fantastici per bambini. Gli anni ’80 rimangono, ma E.T. viene eclissato da Alien.
Questa è la stagione che sancisce l’identità New Weird della serie. Il New Weird è un genere che si colloca proprio tra sci-fi, orrore e fantasy, definito anni fa dallo scrittore Jeff VanderMeer, autore della Trilogia dell’Area X – saga che potrebbe essere nelle corde dei fan di Stranger Things. Come in VanderMeer e altri autori e autrici del sottogenere, Stranger Things gioca con una natura alterata che si infiltra nella nostra realtà ordinaria, generando contaminazioni e mutazioni che la scienza cerca di studiare, con risultati ambigui.
Parte della natura New Weird di Stranger Things ruota attorno al personaggio di Will, sulle cui spalle si appoggia anche la natura più adulta dello show nel 2017. Will nella prima stagione era poco più di un MacGuffin, damigello in pericolo intrappolato nell’Upside Down. Era il vuoto creato dalla sua assenza a far avanzare la storia. Questo ci fa capire quanto l’equilibrio narrativo dello show sia dovuto cambiare per inglobarne la presenza nei nuovi episodi. L’ottimo spunto del finale della prima stagione anticipava la sofferenza a cui Will sarebbe andato incontro: Will si guarda allo specchio, sputa un insetto transdimensionale e scopre che la sua realtà rassicurante subisce le interferenze di un Upside Down dal quale non sembra potersi mai più liberare. È su questa nota particolarmente tetra che i Duffer Brothers vanno a insistere col loro racconto New Weird.
Da qui in avanti, SPOILER ALERT sulla seconda stagione.
Mondo lovecraftiano
In Stranger Things 2, Will ha finalmente una presenza vera e propria, ma continua a essere in pericolo. Durante le sue incursioni involontarie nell’Upside Down fronteggia un mostro che sembra un gigantesco virus. La contaminazione New Weird è avvenuta (è irreversibile?), il suo corpo ora è parassitato da un essere ignoto, inconoscibile e impensabile per noi umani. Will adesso fa parte di una mente alveare che intacca la sua, trasformandolo. Contemporaneamente, la creatura diffonde un orrore biologico sotterraneo che pervade la placida cittadina americana. Il mostro spande i suoi tralci come un cancro macroscopico che invade la realtà, trasformandola.
Prima del citazionismo anni ’80, quindi, e ancora prima del New Weird, in Stranger Things 2 c’è il vecchio Weird lovecraftiano, quello popolato da mostri xenomorfi provenienti da dimensioni inconcepibili per la nostra mente. Sono quelle realtà che se si mostrano a un umano lo lasciano sconvolto, la mente compromessa – come quella di Will, bambino depresso, vittima di uno stress post-traumatico da cui verosimilmente non uscirà mai più, come tanti protagonisti delle storie di H. P. Lovecraft. Fantascienza e horror si univano nei racconti dello scrittore di Providence, e ritroviamo il suo orrore interdimensionale ovunque in questa stagione: nel mostro tentacolare, così diverso dall’umano come Cthulhu o Nyarlathotep, nei campi putrescenti così simili a Il colore venuto dallo spazio, e in Will, testimone violato di questa alterità insopportabile e distruttiva.
Il citazionismo di Stranger Things 2
Stranger Things nasce come la serie citazionista per eccellenza, e lo è ancora alla sua seconda stagione. È un citazionismo che ha vari livelli. Alla base troviamo i riferimenti funzionali all’ambientazione del 1984, con la cultura pop del periodo inserita nell’universo diegetico (videogiochi, film popolari, canzoni, la campagna elettorale…). Poi ci sono gli omaggi estetici, nella ricostruzione di inquadrature che rimandano a quelle di film del genere e dell’epoca (Poltergeist, Incontri ravvicinati del terzo tipo…). Ci sono easter egg meta, come la presenza di alcuni attori legati a film iconici per l’apparato estetico di Stranger Things (Paul Reiser rimanda ad Aliens, Sean Astin ai Goonies) o certe strizzate d’occhio (durante la serata di Halloween, a Winona Ryder, già interprete di Mina nel Dracula di Bram Stoker, viene affiancato il fidanzato Bob vestito da Conte Dracula).
Questi riferimenti formano un tappeto su cui va ad appoggiarsi un citazionismo più strutturale, che contribuisce alla costruzione della storia e dei suoi temi. È chiara l’influenza già citata di Lovecraft, appare altrettanto evidente l’ispirazione ad alcuni film. La vicenda del pollywog, baby demogorgone, richiama i Gremlins, a sottolineare il passaggio a fonti più orrorifiche – nello specifico, Gremlins rappresenta proprio lo strano caso di una commedia horror che assomiglia a un film per bambini, ma è sbilanciata su un piano poco rassicurante, come questa stagione di Stranger Things.
I film più importanti per lo sviluppo narrativo di Stranger Things 2 sono però altri. Quello che accade a Hawkins, dove avviene l’infiltrazione Weird/New Weird, è pesantemente influenzato dalla saga di Alien, in particolare dal secondo capitolo diretto da James Cameron. Aliens non è citato solo dalla presenza di soldati, lanciafiamme e altre decine di dettagli, ma da tutto l’apparato concettuale New Weird che riguarda il proliferare dell’Upside Down, che richiama la diffusione della creatura aliena – tant’è che il ciclo vitale del pollywog è molto simile a quello dello xenomorfo (e non a caso il cucciolo Dart si mangia un gatto, unico animale ad avere incontrato lo xenomorfo nella saga di Alien).
Eleven e Will, uguali e diversi
Le altri forti influenze riguardano i due personaggi centrali: Eleven e Will. Sono i due ragazzini diversi dagli altri, Eleven per nascita, Will a causa della trasformazione subita. Come poli uguali si respingono nella struttura narrativa, non incontrandosi fino al finale di stagione. Will, il contaminato, ha un arco che richiama L’esorcista, e ancora una volta ci porta lontano dai territori tutto sommato rassicuranti della prima stagione. Will è traumatizzato, vive nella paura e, quando prova ad affrontarla, il mostro lo possiede. Will viene studiato dalla scienza e consumato dall’interno dal suo demone.
La vera differenza tra Will e Eleven è nei ruoli che i due personaggi hanno nella vicenda: Will perennemente passivo, punito non appena cerca di compiere un’azione autonoma e poi schiavo della volontà di un altro essere; Eleven sempre attiva, guerriera, persino viaggiatrice – nel vituperato episodio 7, che non è brutto come viene descritto dai più. Eleven è la ragazza speciale, la cui origin story e il cui arco sono ispirati a film come Fenomeni paranormali incontrollabili e Fury.
Will da una parte, Eleven dall’altra, ma questa volta nello stesso mondo. Sembra quasi che la necessità di sviluppare le storie di entrambi i personaggi abbia provocato quello scollamento che destabilizza l’intera stagione, alterando l’alchimia che aveva fatto funzionare così bene la stagione 1. La serie ha guadagnato una dimensione più adulta, maturando il proprio horror fantascientifico. La nuova formula, quando funziona, è eccellente. Spesso però la storia si adagia, i personaggi girano in tondo e si sente la mancanza della suspense e di quel sense of wonder che pervadevano la prima stagione. Sono sostituiti da momenti action dignitosi, ma che iniziano a mostrare la corda di un citazionismo non sempre sostenuto da un remix geniale. Stranger Things 2 rimane però un prodotto di qualità, che ha ancora margine per migliorare: magari mettendosi di nuovo alla prova su questo terreno weird, spingendosi ancora più in là nei suoi aspetti più conturbanti.
Sara M. | Davide V. | ||
7½ | 7½ |