EditorialediGiampiero Raganelli,30 Ottobre 2017
È ancora accaduto a Twin Peaks
Le nuove strade perdute per David Lynch
Torniamo ancora a Twin Peaks, dopo l’editoriale su Cannes, e dopo che la terza stagione di David Lynch e Mark Frost si è ormai sedimentata nelle menti di chi ha finito di vedere i nuovi diciotto episodi. Torniamo ancora a Twin Peaks, nella ridente cittadina di montagna immersa nei boschi di abeti di Douglas, dove si mangiava quell’ottima torta di ciliegie tanto cara al tenente Cooper. Torniamo a Twin Peaks perché la visione completa della terza stagione conferma quanto si sia trattato dell’evento cinematografico dell’anno. E usiamo appositamente il termine cinematografico e non televisivo per vari motivi. I primi due episodi in un blocco hanno sbancato il Festival di Cannes, come appunto avevamo rilevato nel precedente editoriale, dove peraltro era chiaro come la proiezione su grande schermo fosse ottimale per poterlo apprezzare al meglio. Ma soprattutto la visione del nuovo Twin Peaks mostra una cosa ben chiara: non lo avevamo lasciato 26 anni fa, ma bensì solo 11 anni fa. Tale è l’intervallo di tempo da quando David Lynch non realizza un film di finzione, con Inland Empire. E questo perché questa nuova stagione si interseca e invischia profondamente in tutto l’universo del cinema lynchano, che appare come un grande macrotesto in cui le singole opere fungono da tassello.
Il nucleo centrale di questa stagione 3, il doppio dell’agente Cooper che si chiama Douglas “Dougie” Jones, nel cui corpo si installa l’agente Cooper che staziona nella Loggia nera, prendendo così possesso del suo corpo, ripropone lo schema dello scambio di identità e personaggi su cui si fondano due delle opere più importanti del regista, Strade perdute e Mulholland Drive. E a segnalare questa vicinanza ai due film, è l’attrice Naomi Watts, che interpreta la moglie di Dougie e che era protagonista di Mulholland Drive. Di più. Nel dare finalmente un volto a Diane, quell’amica misteriosa cui Cooper si rivolgeva nel registrare i suoi diari su nastro, tormentone delle prime due stagioni, Lynch ha scelto la sua attrice feticcio Laura Dern, che aveva diretto in ben tre film, Velluto blu, Cuore selvaggio e Inland Empire. Diane è anche il nome della seconda identità della donna trovata cadavere come Laura Palmer e di Naomi Watts in Mulholland Drive. Lasciando ai feticisti lynchani nei forum dedicati il compito di individuare gli infiniti rimandi di citazioni, nomi, attori, che tornano nella filmografia del regista, appare evidente come una qualsiasi strada si percorra all’interno dell’immaginario lynchano, questa possa procedere per collegamenti successivi e infinite diramazioni, insomma non è una strada perduta.
Poi c’è quello straordinario episodio 8 che travalica ogni aspettativa. Lynch in questo caso mette in scena il Big Bang stesso che dà origine al suo universo creativo e lo fa coincidere con il test atomico compiuto il 16 luglio 1945, nel deserto del New Mexico nell’ambito del Progetto Manhattan. Generatore di contaminazioni, creature mutanti, mostri, secondo un processo evolutivo i cui primi uomini sono una coppietta di ragazzi anni ’50, progenitori di quegli adolescenti sick che popolano il suo cinema. Non a caso Lynch ha scelto quell’esplosione atomica invece di quelle di Hiroshima e Nagasaki: è una cosa interna all’America, di quel paese di cui si pone come coscienza critica. Lynch riprende palesemente 2001: Odissea nello spazio e ne realizza un sequel malato e disturbante, quasi una risposta a The Tree of Life di Terrence Malick, che pure da Kubrick prendeva le mosse per realizzare una sua versione aggiornata di 2001. Generata dall’esplosione anche una strana creatura ibrida, metà insetto alato, metà rana. Una creatura goffa che a malapena spicca il volo, ancorata com’è da quel corpo pesante. Una chimera come chimera è il primo cadavere scoperto, una cosa molto macabra fatta dal tronco di un uomo decapitato cui è stata appoggiata la testa mozzata di una donna. L’immagine costruita in digitale di questo delitto è palesemente finta, con una consistenza pittorica, e ci rimanda in realtà alle opere figurative di Lynch, come per esempio alla serie dei Distorted Nudes, fotomontaggi digitali di corpi nudi deformati. E con ciò anche l’altra creatura aberrante che torna in questa stagione, il braccio dell’uomo senza braccio che si è evoluto in un fuscello d’albero sormontato da una palla con la faccia. Evidente che per Lynch, cinema, televisione, quadri, fotografie non sono altro che le tante diramazioni in cui si può esprimere la sua arte perturbante.