Audrie & Daisy: raccontare la violenza di genere
Su Netflix, due storie parallele di vittime adolescenti che ritrovano la propria voce
Audrie e Daisy hanno 15 e 14 anni, e vivono in piccole cittadine degli Stati Uniti, quando a distanza di pochi mesi vengono violentate da alcuni ragazzi che conoscono, a una festa, in stato di pesante intossicazione da alcol. In entrambi i casi, la giustizia ufficiale non riesce (o non vuole) processare realmente i colpevoli. In compenso, la città, gli amici e i compagni di scuola ci mettono poco a rivoltarsi contro di loro: loro le “zoccole” che “se la sono cercata”, loro la reputazione per sempre compromessa, e loro il presunto “errore” (essersi ubriacate a una festa, a 15 anni), punito da maschi che “ovviamente” ne hanno approfittato.
Le due storie parallele hanno colpito i documentaristi, Bonni Cohen e Jon Schenk, che hanno deciso di seguire per lungo tempo la storia di Daisy Coleman (assurta agli onori della cronaca nazionale dopo l’intervento del collettivo Anonymous in aiuto della ragazza). Audrie & Daisy racconta entrambe le storie ma le vite parallele delle ragazze si interrompono qui: Audrie non regge il peso di quella colpa che non era la sua e si uccide impiccandosi, qualche giorno dopo lo stupro. Daisy, invece, grazie anche alla sua famiglia, resiste. Resiste inizialmente perché la giustizia sembra fare il suo corso e incriminare i colpevoli. Ma non è così: solo lo stupratore dell’amica che era con lei, Paige, confessa. Gli altri tre, atleti noti e provenienti da famiglie benestanti, vengono scagionati da ogni capo di imputazione, compreso quello di averla abbandonata, quasi in coma e seminuda, nel giardino davanti casa, di notte, in pieno inverno. Inizia quindi un calvario personale per lei e la sua famiglia, costretta infine ad abbandonare la città dopo ripetute minacce e intimidazioni.
Daisy si ritrova in una spirale di autodistruzione e rabbia che non sembra finire, finché l’incontro con un’altra ragazza, Delaney Handerson, anche lei vittima di violenza a 16 anni, la porta a contatto con altre sopravvissute con storie simili. Storie in cui la chiave non è solo il crimine commesso su di loro, ma quello che è successo dopo: ragazze adolescenti colpevolizzate, screditate e minacciate, punite per qualcosa che avevano subito. Ed è solo l’incontro tra le ragazze che permette a tutte loro, a Daisy e anche in parte a Audrey grazie all’instancabile ricerca di giustizia dei suoi genitori, di ritrovare la voce e di dire al mondo la propria verità.
Audrie & Daisy è un percorso doloroso, per lo spettatore, che impotente osserva la macchina dello slut shaming e victim blaming in pieno svolgimento, accanirsi contro due ragazze giovanissime – grazie alle interviste mirate e puntuali che intercettano anche i ragazzi condannati per l’attacco a Audrey (cui ovviamente è stata comminata una pena ridicola) e lo sceriffo e il sindaco del paese di Daisy, per i quali lei è corresponsabile della violenza. Un pugno nello stomaco, ma anche il modo in cui Daisy e le altre ragazze hanno voluto riprendersi la propria storia, con un atto in indubbio coraggio.
Lucia T. | Eugenio D. | ||
8 | 6½ |
Devo ancora vederlo ma sono carica non solo per il tema importantissimo, ma anche perché uno dei miei miti adolescenziali, Tori Amos, ha scritto una canzone originale proprio per Audrie & Daisy.