Questioni di gender: i 5 personaggi più discussi del 2016
Le rappresentazioni cine-seriali che hanno infiammato i dibattiti di genere
Pensavamo di non doverlo più fare è invece anche quest’anno ci siamo chiesti, possibile che ci si debba ancora difendere quando i film li fanno le donne? O ancora, Un personaggio transessuale andrà mai oltre il suo percorso di transizione? E soprattutto, Che fine ha fatto il costumista di Margot Robbie? Sappiamo che ve lo siete chiesti anche voi. Dal canto nostro, siamo e saremo sempre pronti a fare rumore. Perché c’è davvero chi non ne può più di vedere occasioni sprecate (sì, DC, stiamo parlando con te) ridotte a un paio di inquadrature misogine. Le questioni di gender che hanno animato il 2016 sono…
Alessia – Lo chiamavano Jeeg Robot
Jeeg è una ventata d’aria fresca. A far oscillare l’ago della bilancia è Alessia, la protagonista femminile. Sì, perché, in mezzo a geniali riletture c’è anche una respingente scena di stupro. Due visioni opposte sono emblematizzate dalle letture di Soft Revolution, che stigmatizza la scena come “exploitation”, funzionale solo al percorso di redenzione dell’eroe, e da quella de i 400 calci che sottolinea le difficoltà dei protagonisti di gestire il loro rapporto, mentre gli utenti fanno notare che nessuno fa finta di niente, è chiaramente uno stupro.
Le protagoniste di Ghostbusters
L’incredibile aggressione dei troll al trailer e alle sue protagoniste la dice lunga su cosa vuol dire essere femmine e lavorare nell’industria dell’audiovisivo. Le attrici vengono investite per settimane da una pletora di insulti che vanno da “non mi fanno ridere”, “ma chi sono queste”, all’intramontabile “già che avete voluto a tutti i costi mettere delle femmine, potevate almeno metterle fighe”. Ragazz*, è un blockbuster estivo comico coi fantasmi, se pensate che sia il terreno per uno scontro di civiltà, ripigliatevi.
Harley Quinn – Suicide Squad
Harley Quinn è la personaggia che non vorresti più vedere nelle mani di sceneggiatori, maschi, senza la più pallida idea di come evitare gli aggettivi “hot and sexy” ogni 3×2. Sta davvero tutta lì, la Harley della oggettificatissima Margot Robbie. D’altronde, ovvio, quale spettatore sano di mente preferirebbe un intrattenimento più accurato e meno sessista? Parafrasando un commento di Gervasini su 300, “Ci si indigni, per film come questo, perché sono lo strumento di una pericolosa colonizzazione dell’immaginario”.
Lili Elbe – The Danish Girl
Rimangono gli interrogativi sull’efficacia di un’operazione nata con l’intento di approfondire la consapevolezza della realtà transessuale, ma che finisce con il fortificare gli stereotipi di genere. Un approccio stilistico che nell’era di Orange Is the New Black e Sense8 – entrambi con personaggi sfaccettati e interpreti transgender – e della consacrazione di Transparent – anch’esso epicentro di un vivace dialogo critico – si deve confrontare con rappresentazioni più coraggiose di “Woah, man…gender, right?”.
Poussey – Orange Is the New Black
Lo show racconta la resistenza di donne non-bianche, non-eterosessuali, non-borghesi. Non è da sottovalutare la scelta di far interpretare Poussey, donna nera, lesbica e colta a Samira Wiley, che corrisponde a tutte queste caratteristiche. Non si tratta di mantenere una qualche “autenticità” fra attrice e personaggia, ma di riflettere sulla corrispondenza di alcune esperienze e al modo in cui plasmano le nostre pelli, anche se talvolta la messa in scena di alcuni aspetti è problematica o polemica.
BONUS: Luke Cage
Luke Cage ha dimostrato che anche gli eroi possono indossare felpa e cappuccio. La sua rappresentazione è una delle più incisive del 2016.