I peggiori del 2016: le 5 delusioni Cine-Seriali
Da About Ray a X-Files, cinque titoli da dimenticare
Per gli appassionati di cinema e serialità, la fine dell’anno rappresenta il momento in cui fare il punto della situazione. Partiamo dalla lista dei cattivi, i peggiori del 2016, ovvero i titoli che non hanno convinto o quelle produzioni che promettevano fuochi d’artificio e invece si sono rivelate delle sole o poco più. Iniziamo da una delle traduzioni più a caso dell’anno, 3 Generations – Una famiglia quasi perfetta, in orignale About Ray.
La transizione FtoM di un giovane sedicenne (interpretato dall’attrice cis, Elle Fanning). Il risultato è un film che inneggia a una presunta normalità, che è però solo quella del privilegio borghese, e non riesce a riflettere in alcun modo sulla complessità dell’identità e su quanto costi essere “autentici”. Il sospetto di una certa incapacità di gestire il protagonista era già sorto in occasione di un’intervista alla regista Gaby Dellal, in cui aveva rivelato una certa ignoranza sulla soggettività transgender, parlando di Ray al femminile.
Il ‘giorno della marmotta’ incontra la fantascienza, ovvero il loop temporale secondo Netflix. Lento a ingranare e troppo veloce nell’introdurre i colpi di scena, di ARQ non soddisfano neppure la regia (piatta) e le interpretazioni monocorde. L’azione è molto limitata, così come lo sono gli stimoli fantascientifici, e non emerge nessuna di quelle riflessioni che avevano fatto la fortuna di film di genere, altrettanto “piccoli”, che riuscivano a trasformare i proprio limiti in una forza. Peccato.
Il vero problema è la noia. Conosciamo a menadito la situazione, quindi chi gira un home invasion non solo non deve sbagliare niente, ma deve anche fare i salti mortali per farci appassionare alla vicenda e ai personaggi. Il primo tempo si trascina come una premessa che dobbiamo stare a sentire per forza. La seconda metà si rianima, ma ormai è troppo tardi. La scena più celebre coinvolge una peretta che gli americani usano per farcire il tacchino, e che a noi ha fatto pensare al Fertility Day. Troppo poco, per tanto clamore.
L’incipit iniziale, la parabola di un nevrotico programmatore ossessionato dalla ragione dell’esistenza umana, in un mondo dominato dalle corporation, finisce col perdersi in una narrazione poco fluida. Se convincono alcune soluzioni, dalle quali emerge la carica grottesca di Terry Gilliam, è l’impianto stesso della vicenda a scricchiolare, portando a conclusioni un po’ abusate. Insomma, un racconto visivamente ricco ma lontano dall’eccellenza, con il quale la fervida fantasia dell’ex Monty Python inizia a mostrare qualche segno di stanchezza.
La stagione 10 offre 6 episodi svogliati, che falliscono sia nel mimare il passato, sia nell’ironizzare sul revival. Ne deriva una parodia involontaria che è kitsch e insipida al tempo stesso. Tutto converge nella direzione dell’occasione sprecata. A conti fatti, l’operazione potrebbe essere un ridondante teaser per incoraggiare il pubblico a ri/vedere la serie. Ma il cliffhanger finale parla chiaro delle ambizioni di un revival più sostanzioso; l’ottimista penserà che in quel caso la serie sarà rilanciata con piglio più deciso, o almeno non banale.
Siamo in tanti a chiedersi cosa è successo a Ricky Gervais? Laura Spini su Pixarthinking dice che All’interno del film, tutti i sudamericani sono ignoranti. Tutte le donne o non parlano o sono delle bestie prive di scrupoli. Il collega del personaggio di Gervais (Eric Bana) è il bullo che disprezza gli idioti e il resto dell’umanità. Noi ne condividiamo ogni sillaba. Ciao Ricky, è stato bello conoscerti.
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