Venezia 73: Gantz-O e altre recensioni
Il manga in cgi ripetitivo fino alla noia. Poetico e stralunato l'omaggio a Bozzetto.
L’angolo dell’animazione, a Venezia 73, non è propriamente affollato. Nel caso di Gantz-O di Yasushi Kawamura, presentato fuori concorso, non è neppure soddisfacente sul piano qualitativo.
Trasposizione dal celebre manga di Hiroya Oku (pubblicato tra il 2000 e il 2013), dal quale erano già stati tratti un anime e due film in live action inediti in Italia, questo lungometraggio in cgi racchiude in sé tutti i pregi (pochi) e i difetti (molti) delle produzioni analoghe, fra cui il deludente Capitan Harlock sbarcato al Lido tre anni fa: impeccabile nel comparto tecnico, visivamente abbastanza intrigante (non male il character design dei mostri, grotteschi e disturbanti), Gantz-O è un totale disastro sul piano narrativo. La trama è inconsistente – in un Giappone futuristico, persone morte rivivono in una specie di dimensione parallela simile a un videogioco, costretti ad affrontare con tute e armi ipertecnologiche i demoni che minacciano l’umanità, e se muoiono anche in quella realtà scompaiono per sempre – e viene liquidata sbrigativamente con un paio di orribili spiegoni. Il tono è forzatamente serioso, la caratterizzazione debole (insulso il protagonista, stereotipati gli altri) e con dosi massicce di fanservice (vedi le tette dell’idol Reika), e tutto si risolve in un susseguirsi di combattimenti – piuttosto violenti e indubbiamente spettacolari, ma in quantità eccessiva – ripetitivo fino alla noia, in cui non riesce a scattare il minimo coinvolgimento emotivo. Materiale adatto, per l’appunto, per un videogioco action, ma insufficiente per un film; non a caso, mancando l’interazione, lo sbadiglio (se non una colossale dormita) risulta l’unica reazione prevedibile.
Ben altre emozioni suscita il delicato Bozzetto non troppo, un omaggio del regista Marco Bonfanti al maestro italiano dell’animazione Bruno Bozzetto, presentato nella sezione Venezia Classici. È un bel documentario non tradizionale, poetico e stralunato come il suo protagonista, che racconta in prima persona, senza l’ausilio di altre voci fuori campo, la sua biografia artistica e personale, mentre la macchina da presa lo segue diligentemente nella vita quotidiana, tra familiari, animali e personaggi disegnati. Il tutto, inframezzato da una ricca selezione di filmati di repertorio e spezzoni di opere del grande cartoonist – che spazia dai tre celeberrimi lungometraggi West and Soda, Vip – Mio fratello superuomo e Allegro non troppo, ai corti del Signor Rossi, fino a sketch più recenti – che danno corpo a una breve quanto fondamentale antologia di un artista fra i più significativi di sempre nel suo settore, meritevole di una riscoperta, oltre che per la padronanza delle tecniche d’animazione, anche per il suo esilarante umorismo e la sorprendente attualità dei temi che tratta fin dall’esordio avvenuto quasi sessant’anni fa. Un fuoriclasse senza tempo degnamente omaggiato.