The Witch: la recensione
Brivido d'orrore arthouse nei boschi del New England, tra caproni, coloni che pregano e coltivazioni di mais
The Witch di Robert Eggers è in sala. L’estate italiana ha portato al cinema alcuni inediti attesi come It Follows e A Girl Walks Home Alone at Night. Siamo in quella zona dell’horror arthouse elegante e festivaliero, quello che va sempre più di moda, tanto da essere osteggiato in un tweet da Bret Easton Ellis. The Witch rientra a pieno titolo nella categoria: vincitore del premio per la regia al Sundance Festival 2015, in originale è titolato The VVitch con due V maiuscole, come a distinguersi, attraverso un vezzo grafico, da un ordinario horror con la casa infestata, o magari da un mockumentary nel bosco.
Rispetto a un film come It Follows, The Witch ha pretese meno camp e si propone con la semplicità austera del gotico virato all’orrore, filmato con una fotografia luminescente e desaturata. Ambientato nel 1690, è la storia di una famiglia di coloni inglesi che costruisce casa into the wild nel New England. Isolamento, cabin fever, solitudine, il pericolo della vita selvaggia: temi classici della narrativa americana, che confluiscono qui in un racconto di tensione psicologica, dove la paranoia disgrega i legami familiari, e le dinamiche tra i personaggi sono caratterizzate dalla furia del fanatismo cristiano, risultando spaventose quanto la minaccia sovrannaturale.
C’è il tema, amato dall’horror, del passaggio da bambina a donna, dove lo sbocciare di forme e sensualità sembrano nascondere un significato inquietante agli occhi dei genitori. E in fondo è proprio così: se la ragazzina cresce, il genitore invecchia, avvicinandosi alla morte (specie se è il personaggio di un film dell’orrore…). I caratteri sessuali sono le spie di questo cambiamento. È un tema affrontato anche in The Witch, e fa venire in mente un film apparentemente diversissimo – e di certo meno ricercato – come The New Daughter.
C’è una strega? Chi è? Cosa vuole? Queste le domande che il film ci pone, ma senza insistere troppo. Si allontana dai personaggi, chiusi nella suggestione del fanatismo religioso e della superstizione, ma ha una posizione altalenante: a tratti affida il thrilling psicologico all’irrazionalità fanatica; ma il registro passa continuamente all’horror puro, alla fiaba nera di sangue e oscurità del bosco. Il gioco funziona al 90%, conferendo a The Witch un equilibrio scentrato che lo rende appena un po’ troppo vago e rarefatto. È l’unica pecca di un bel film che intrattiene e fa paura, sconfessando gli eventuali timori di noia.
È stato giustamente paragonato a Il nastro bianco di Michael Haneke, premessa insolita per un film dell’orrore destinato a un’ampia distribuzione; e infatti The Witch ha lasciato perplesso il pubblico cinematografico americano, a cui era stato proposto col marketing del B-Movie basato su effettacci e spaventi facili. Eppure, non è un film ostico: è un horror solido, dalle atmosfere plumbee capaci di provocare qualche vero brivido – tant’è che è piaciuto a Stephen King, che ne ha parlato in un tweet. E se ha fatto paura a lui…
Sara M. | ||
7½ |
Un incredibile horror che non da speranze, dove la cattiveria e la follia umana (e non) è in ogni singola cosa. Una messa in scena praticamente perfetta, con delle artistiche inquadrature fisse con questa inquietante e oscura foresta che sta lì, immobile e paziente come un ragno con la sua tela. Un lavoro incredibile, quello fatto da Eggers, che gli è valso il premio della miglior regia al Sundance Film Festival del 2015.
Ecco qui il link della mia analisi completa: https://mgrexperience.wordpress.com/2016/09/07/the-witch-di-robert-eggers/