Lui è tornato: la recensione
Tra commedia e satira sociale, la comparsa di Hitler ai giorni nostri solleva inquietanti interrogativi
Tratto dall’omonimo bestseller tedesco di Timur Vermes e campione d’incassi in patria, arriva anche nelle sale italiane Lui è tornato nei giorni dal 26 al 28 aprile, dopo essere stato già inserito nel catalogo di Netflix.
In questa satira teutonica Hitler (Oliver Masucci) si ritrova nella Berlino contemporanea, dove vaga spaesato fino a quando l’aspirante filmmaker Sawatzki (Fabian Busch), credendolo uno straordinario comico e imitatore, lo rende protagonista di un reportage che porterà Hitler ad apparire in televisione, riscuotendo un successo tale da far produrre anche un film sulla sua storia.
L’intuizione migliore – e prettamente cinematografica – di Lui è tornato è utilizzare l’attore Oliver Masucci vestito da Hitler per farlo interagire con le persone nella realtà, dialogare con loro e riprenderne le reazioni. Il film di fiction è quindi contaminato da numerosi inserti documentari che creano un ingegnoso cortocircuito tra attore/maschera e tra realtà/finzione, ulteriormente problematizzato dall’utilizzo della mise en abyme. La presenza del Führer scatena le reazioni più disparate, ma in molti lo accolgono con entusiasmo, posando con lui per delle foto o addirittura accogliendolo col saluto romano, come nel caso di alcuni turisti italiani. Quello che più disturba, però, sono le testimonianze raccolte tra i cittadini tedeschi che, interrogati sulle questioni sociali più recenti, si avvicinano pericolosamente alle idee che Hitler/Masucci lancia loro provocatoriamente.
L’altro aspetto riuscito del film, questa volta debitore della fonte di partenza, è l’efficacia con cui riesce a tratteggiare la sostanziale incapacità dell’uomo di imparare dai propri errori e il fascino che continuano a esercitare le personalità forti. Disgustato dal trash televisivo (come dargli torto…), Hitler diventa a sua volta una star del piccolo schermo grazie ai suoi coinvolgenti (ed eccitati, come immaginario impone) discorsi. Il pubblico lo considera un comico straordinario, ma allo stesso tempo sembra prendere sempre più seriamente i suoi slogan populisti e fondamentalmente xenofobi, un riscontro che probabilmente troverebbe anche in altri paesi europei in questo periodo.
Sul fronte della commedia invece, l’ironia non sempre va a segno e rimane fondamentalmente inerte, incapace di andare fino in fondo con quello che è il materiale di partenza (nonostante una battuta parecchio cattiva sugli ebrei). Allo stesso tempo il co-protagonista Sawatzki è piuttosto debole, la sua parabola è di scarso interesse e la sotto-trama romantica che lo coinvolge assolutamente gratuita. La descrizione dei meccanismi televisivi, infine, è macchiettistica e non produce riflessioni significative sui media, nonostante le interessanti contaminazioni di cui è innervato il film. Lui è tornato raggiunge comunque il suo obiettivo, lasciando a fine visione un vago senso di disagio e la paura che, dietro il riso, gli e(o)rrori del passato, seppur in altre forme, non siano così lontani.
Scritto da Eugenio De Angelis.
Eugenio D. | Giacomo B. | ||
6 1/2 | 6 1/2 |