Lorenzo, Antonio e Blu sono tre adolescenti e vivono a Udine. Sono il “frocio”, lo “stupido” e la “troia” della scuola. Lorenzo e Blu le loro medaglie di outsider se le sono guadagnate “sul campo” e le ostentano con fierezza il primo, e con menefreghismo la seconda. Antonio, che porta con sé un dolore che nessuno sembra vedere, se ne sta per i fatti suoi finché, forti di queste loro medagliette di diversità condivisa, Lorenzo e Blu lo fanno entrare nella loro bolla a formare un trio apparentemente indivisibile.

L’ambiente noioso della provincia, abitato da persone che aspirano a un’omologazione feroce gli uni agli altri, apparentemente non li tocca più di tanto. Certo, il contesto scolastico che li circonda, gli atti di quotidiana prepotenza, le prese in giro, li infastidiscono, ma tutto il “marcio” sembra tenuto ai margini delle loro vite dall’amicizia che li lega: a suon di balli da flashmob, e l’immancabile Lady Gaga, i tre cercano sempre di “immaginare di essere proprio da un’altra parte”, come dice Lorenzo, il cui personaggio è chiaramente ispirato al Kurt di Glee.

Un bacio parla di etichette e stereotipi, in pieno stile da cinema teen, da Breakfast Club in poi, e lo fa con ironia e garbo, con un linguaggio visivo colorato e divertente e con tre attori realmente adolescenti e calati nei loro personaggi.

Le etichette non dicono niente di come le persone sono realmente, puoi farti sopraffare da quella che ti è stata affibbiata, o puoi ignorarla e portarla in giro come un trofeo.

Però ci sono etichette più pericolose di altre, per le persone che le portano.

L’odio, la discriminazione e la violenza, non sempre riescono a essere tenuti lontano: non bastano le coppie di genitori più comprensivi e aperti che si siano visti su schermo (volutamente creati così dal regista Ivan Cotroneo e dalla co-sceneggiatrice Monica Rametta per mostrare che non sempre le “colpe” ricadono sulle famiglie), non basta l’ironia e l’autoironia con cui i tre reagiscono – anche con crudeltà – agli atti di bullismo quotidiano. Perché questa specie di odio sotterraneo che cova pian piano riesce a infiltrarsi nelle pieghe dei pensieri, e basta un niente per farlo innescare. Basta che il più classico dei cliché da teen romance, il triangolo amoroso, coinvolga l’orientamento sessuale e il genere “sbagliato”, per diventare tragedia.

Un bacio è lontano dall’essere un film perfetto, e soprattutto sul finale molte cose succedono troppo in fretta perché lo spettatore riesca a processarle bene tutte, eppure funziona, su più livelli. Riesce a trattare di un tema complesso come l’omofobia distillandone le varie sfumature: quella del contesto sociale, quella del contesto amicale e l’omofobia interiorizzata e riesce a parlare di adolescenti senza banalizzarne le esperienze, raccontando di etichette senza trasformare in stereotipi i propri personaggi. Riesce anche, e gliene va reso atto, a rendere lampante che l’unica vera misura di ciò che fai col tuo corpo non è la morale, ma il consenso.

E quel grosso amaro in bocca che resta usciti dalla sala è esattamente dove ti voleva portare.

Lucia T.
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