Bloodline: anatomia di un perdente
Un personaggio difficile al centro della serie originale di Netflix
Tra le novità di Netflix spicca Bloodline: serie originale del servizio on demand, è scritta dagli autori di Damages e interpretata, tra gli altri, da Linda Cardellini, Sissy Spacek e Chloe Sevigny.
Ambientata in Florida, la storia sfrutta alcune intuizioni del linguaggio thriller e noir per raccontare un dramma familiare. I Rayburn sono alle prese col ritorno di Danny (Ben Mendelsohn), figliol prodigo per il quale nessuno ucciderà il vitello grasso. Pecora nera e Edipo relitto, Danny è il baricentro di Bloodline e ha un carattere complesso, scavato in profondità dalla sceneggiatura. Uomo devastato, governato da un dolore antico, è il classico personaggio respingente. Non è un antieroe carismatico alla Don Draper, e nemmeno uno disperato e granitico come Ray Donovan. Il ruolo di Danny rimane sempre in bilico tra eroe e villain. Il suo lato sgradevole viene messo in evidenza col procedere della stagione: sa essere odioso coi familiari, bullo e prepotente con le donne; è coinvolto in azioni criminali con persone senza scrupoli.
Danny è patetico nel suo livore verso i fratelli e i genitori, fino a farci provare pietà per lui. La sua mente vacilla sotto a 30 anni di sensi di colpa e persecuzioni. Vuole vendicarsi, ma non sa se della sua famiglia o di se stesso, quindi la vendetta è confusa e disordinata come lui; è patetica. E ancor più patetico è il rancore che Danny prova per cose che i fratelli hanno fatto durante l’infanzia, e che lo mette in una posizione impossibile: un adulto che odia dei bambini. Ciononostante proviamo compassione per lui perché la meschinità è bilanciata dal racconto della sua auto-investigazione, che mostra i fantasmi di traumi e abusi da cui Danny non ha mai avuto scampo.
Ci vuole coraggio e onestà per costruire un personaggio come Danny. Lo spettatore non è invogliato ad affezionarglisi, perché Danny è come sono le persone reali: anche sgradevoli, capaci di cattive azioni; e, come nella realtà, non le possiamo definire “buone” o “cattive”. Questa è la forza che fa vibrare la scrittura di Bloodline, la qualità che la rende diversa dalle altre serie tv. Mendelsohn restituisce tutte queste sfumature con un’interpretazione intensa che mischia il candore alla corruzione morale, dando al suo personaggio la vitalità di una persona vera. L’iperrealismo di Danny – e dei suoi familiari – è sottolineato da una regia che richiama il documentario, mentre le location luminosissime restituiscono per assurdo un senso di claustrofobia: l’ambientazione spettacolare e allo stesso tempo opprimente della Florida estiva, le persone sempre sudate, il mare che circonda tutto su una lingua di terra perennemente lambita dall’acqua.
La plausibilità della parabola di Danny non fa che aumentare il senso di tragedia che il personaggio si porta addosso fin dalle prime inquadrature. Gli autori giocano per l’intera stagione con il concetto di anticipazione (come succede anche in The Affair e How to Get Away with Murder), e a sentirla bene la bellissima canzone dei titoli sembra raccontare l’arco narrativo di questo personaggio maledetto.