Venezia 72. Anomalisa e altre recensioni
Pregiudicati paranoici, speaker sociopatici e anziani privi di memoria: al centro di tre dei film più interessanti del concorso di Venezia 72 sono persone dalla mente in qualche modo provata.
In Abluka (Frenzy) del turco Emin Alper l’ex detenuto in libertà vigilata Kadir sviluppa una propria teoria del complotto in cui crede coinvolto il fratello minore Ahmet, dedito allo sterminio dei cani randagi e affetto da depressione. Forte di un’ambientazione in una periferia di Istanbul squallida e malsana, fra tuguri e discariche, è un film dissociativo nella narrazione fino a risultare, a tratti, incomprensibile, ma in fondo efficace nel ritrarre la progressiva discesa nella follia di personaggi borderline. La scelta di raccontare i fatti da più prospettive, tornando spesso indietro e mischiando di continuo realtà e allucinazione, si rivela azzeccata per far precipitare lo spettatore nel clima di paranoia generato dalla mente dei protagonisti – a loro volta prodotti di una società condizionata dalla paura del terrorismo, in cui la pietà non è concessa a nessuno, uomini o animali, e il bello si riduce a oggetto masturbatorio – dando vita a un’opera, per quanto confusa e ripetitiva, comunque degna di nota.
Anomalisa di Charlie Kaufman riprende il discorso sulla difficoltà relazionale dell’individuo in una società omologante già affrontato dal regista nelle opere precedenti. Al pari del sistema operativo in Her, la timida Lisa, una ragazza dal volto sfigurato, rappresenta per l’anaffettivo protagonista Michael, speaker motivazionale in crisi, quella persona speciale – quella anomalia, appunto – per cui è ancora possibile provare sentimenti; l’unica, infatti, di cui Michael riconosce una voce personale, quando tutte le altre gli risultano uguali. Il film è girato in stop motion, ma se da un lato l’essenza pupazzesca dei personaggi è sottolineata fisicamente dalla loro scomponibilità, dall’altro la caratterizzazione è così realistica e matura da farcelo dimenticare; anche nelle scene di sesso, mai viste in un’opera simile. Straordinaria la prova vocale di Jennifer Jason Leigh (specie quando intona Girls Just Want To Have Fun di Cyndi Lauper) e di Tom Noonan, che doppia “tutte le altre voci”.
Remember di Atom Egoyan vede infine protagonista un anziano sopravvissuto ad Auschwitz, e affetto da demenza senile, che accetta di regolare i conti con l’ufficiale nazista che sterminò la sua famiglia. Il dramma della perdita di memoria individuale diviene metafora della rimozione del passato, e dei mali che si porta dietro, da parte di una umanità traumatizzata, dando vita a una riflessione interessante e per nulla scontata sul precario confine fra vittime e carnefici che sfocia in un colpo di scena finale da pugno nello stomaco. Molto più che un semplice revenge movie, il cui unico punto debole si rivela una regia abbastanza convenzionale che finisce col privare di forza una sceneggiatura da sospensione dell’incredulità ma in fondo pienamente soddifacente, con uno splendido cast di over 70 dominato da un eccelso Christopher Plummer al tempo stesso fragile e inquietante.