Forza maggiore: la recensione
Vincitore del premio della giuria nella sezione Un Certain Regard a Cannes 2014, Forza maggiore, dello svedese Ruben Östlund fu definito dalla critica una delle sorprese del Festival. In linea con le aspettative, il lungometraggio si conferma un prodotto intelligente e ben riuscito.
I presupposti narrativi che il regista mette in scena sono solo apparentemente semplici, presentandoci una tipica famiglia in vacanza: Tomas, il padre, Ebba, la madre, e i due bambini Eva e Herry trascorrono le giornate in maniera abbastanza metodica, tra le piste di sci e i locali dell’Hotel di lusso in cui alloggiano. Pochi altri personaggi si inseriscono all’interno di questo quadro, amici di famiglia non ben identificati che fanno da sfondo, completando la definizione del contesto familiare. Già dopo poche scene, però, Östlund presenta l’episodio destabilizzante, l’incidente che metterà in discussione l’ordine familiare: una valanga sembra stia per abbattersi sulla terrazza dell’Hotel dove i protagonisti stanno pranzando, Tomas per istinto fugge per mettersi in salvo, Ebba, sempre per istinto, tenta di proteggere i figli. L'”incidente” non mette in pericolo la famiglia, ma nonostante questo finisce per creare una frattura negli equilibri della coppia.
Lo spunto narrativo dal quale nasce il lungometraggio sembra esser stato offerto al regista da una serie di ricerche che evidenziavano un’aumento dei divorzi tra le coppie sopravvissute ad eventi traumatici; a partire da questa suggestione iniziale, Östlund mette in scena, anche con un certo compiacimento, il teatrino di una relazione di coppia che sotto la pressione dell'”esperienza estrema” è portata a mostrare la sua vera natura. Siamo ben oltre il dramma dell’incomunicabilità di coppia, le dinamiche messe in atto mostrano le fattezze tutte esteriori della relazione tra Tomas e Ebba: ogni discussione, ogni riflessione sull’incidente, viene mediata dalla presenza di terzi che fungono da arbitri e allo stesso tempo da pubblico per una coppia che sembra non conoscere la dimensione privata. Il senso di vergogna di Tomas, allo stesso modo, non diventa mai momento di autoriflessione o comunque di riflessione all’interno della coppia, ma assume immediatamente le caratteristiche di inadeguatezza al ruolo di marito e padre, confermando il carattere esteriore della relazione. La scelta di girare il lungometraggio per lo più in tempo reale, nota distintiva di Östlund, contribuisce a creare una sensazione di straniamento nel contrasto che si dà tra il tono complessivo realistico, da filmino di famiglia, e l’assurdo di alcune, topiche, scene.
Östlund, che non è nuovo a questo genere di cinema sociale, con Forza maggiore, porta sullo schermo un quadro della coppia e della famiglia che oscilla di continuo tra il drammatico e il grottesco, senza risparmiarsi episodi di ironia apertamente dissacrante.
Scritto da Rossella Carpiniello.
Rossella C. | Edoardo P. | ||
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