Mommy: la recensione #2
Gran premio della giuria alla 67° edizione del Festival di Cannes, Mommy è il quinto film del canadese Xavier Dolan, classe 1989. È un film che fa discutere: piace al pubblico dei festival, è amato da alcuni critici e meno da altri. È un film ambizioso, girato da un regista giovane e talentuoso. Dolan non ha paura di correre qualche rischio, e realizza un film quasi interamente in formato 1:1, ovvero quadrato. Cura maniacalmente le inquadrature, cerca perfezione e bellezza attraverso ogni elemento della messa in scena: luci, suoni, espressioni, voci; le sue scelte, che potrebbero essere interpretate come estetizzanti, sono in realtà sempre funzionali al racconto del dramma familiare al centro del film.
La «mommy» del titolo è interpretata da una straordinaria Anne Dorval, che nei panni della combattiva vedova Diane cerca di trovare un equilibrio impossibile con il figlio adolescente Steve (Antoine-Olivier Pilon), appena espulso da un istituto per giovani problematici, aka un riformatorio. Diane e Steve parlano (tanto), si parlano addosso, si contestano, si picchiano, si amano (piuttosto edipicamente), spaventano e deliziano il pubblico. Sono due truzzi dei sobborghi canadesi, come conferma la loro esilarante parlata – il film andrebbe visto in lingua originale anche per questo motivo. La tensione della coppia è stemperata dall’arrivo di Kyla (Suzanne Clément), misteriosa vicina di casa con la quale Diane e Steve riescono a formare un insolito nucleo familiare, assaporando per un attimo la felicità al di là di qualsiasi trauma.
La genialità del film di Xavier Dolan sta proprio nella triangolazione dei personaggi, che sposta il baricentro dal rapporto madre-figlio alle possibilità di una famiglia allargata, dicendo qualcosa su aspetti non banali della vita e della guarigione dal dolore. Il film non racconta ma mostra, evitando spiegoni e didascalie. L’inquadratura incede addosso agli attori, ricordando la cifra stilistica di La vita di Adele di Abdellatif Kechiche; imprigiona i corpi nella cornice nera generata dal formato, alternando i ritratti delle singole angosce e solitudini, come in un mazzo di carte. Il punto di vista della macchina da presa deve allontanarsi per poter osservare i personaggi fianco a fianco, nei rari momenti in cui ciò accade.
Ma Mommy è un film riuscito soprattutto perché è scritto, diretto e interpretato in modo eccellente. Al di là di qualsiasi sperimentalismo e ricerca visuale, la bravura di Dolan e del suo cast spicca negli aspetti primari di scrittura, recitazione e direzione degli attori. E se a quel livello è un film quasi teatrale, gli artifici individuati da Dolan con fotografia, uso della colonna sonora, montaggio etc. sono fondamentali a tradurlo in un linguaggio prettamente cinematografico, a esprimere un senso di claustrofobia capillare fin dalle prime scene. Gli si perdonano quindi piccole sbavature come un’inutile premessa distopica e qualche eccesso melodrammatico. Quella di Dolan rimane una bella prova sotto tutti i punti di vista.
Sara M. | Alice C. | Chiara C. | Davide V. | Edoardo P. | Eugenio D. | Giacomo B. | Giusy P. | Sara S. | Thomas M. | ||
8 | 8 | 8 | 7 | 8 1/2 | 8 | 8 | 5 | 7 | 7 1/2 |