Venezia 71. Cymbeline: la recensione
Cymbeline di Michael Almereyda è Shakespeare che incontra Sons of Anarchy, è teatro secentesco in giubbotto di pelle e mitragliatrici: uno schema registico, quello del film presentato nella sezione Orizzonti a Venezia 71, già utilizzato dal regista nella sua opera più famosa, Hamlet 2000, di cui riprende inoltre uno degli interpreti principali (Ethan Hawke). Almereyda sceglie in questo caso una tragedia fra le meno conosciute di Shakespeare, mantenendo una trama sostanzialmente identica a quella teatrale e riportandone, senza alcun minimo cambiamento, i dialoghi originali scritti dal Bardo, trasponendo però la vicenda in un’ambientazione contemporanea simile a quella della serie TV sulle gang di motociclisti.
Cymbeline (Ed Harris) diviene qui Re del Motoclub Britannia, in lotta con la polizia corrotta della città di Rome e con le pene d’amore della figlia Imogen (Dakota Johnson), innamorata del giovane Posthumus (Penn Badgley) ma bramata anche da Cloten (Anton Yelchin), figlio della seconda moglie del boss, la manipolatrice Queen (Milla Jovovich).
Come già ampiamente dimostrato in Hamlet 2000, una formula simile presenta rischi notevoli, non ultimo quello di cadere nel ridicolo e nel cattivo gusto. Non un cattivo gusto inteso come kitsch, come scelta stilistica all’insegna dell’eccesso visivo (caratteristica riscontrabile in un altro adattamento shakespeariano in chiave moderna, ma di ben altra fattura, ovvero Romeo + Giulietta di Baz Luhrmann), bensì come totale assenza di gusto, come piattezza e mancanza di inventiva. Purtroppo Almereyda ci casca in pieno e confeziona un filmaccio di una banalità sconcertante, che se non preso troppo sul serio può finanche divertire, ma che denota una povertà registica a tratti insostenibile. Troppo facile far recitare a brutti ceffi a cavallo di un’Harley Davidson gli aulici dialoghi di Shakespeare senza un contesto adeguatamente studiato (l’immaginaria e spoglia cittadina di Rome non vale la sfavillante Verona Beach del film di Luhrmann) e mostrare con insistenza smartphone, tablet e perfino immagini di Obama per sottolineare pedissequamente la contemporaneità della vicenda.
Il risultato finale, più che un adattamento cinematografico, sembra una brutta recita teatrale, noiosa e soprattutto scadente, nonostante gli sforzi del cast adulto nel rendere accattivanti i propri personaggi riproponendo in chiave shakespeariana tipologie di ruoli già interpretati in precedenza nel cinema di genere (con Ed Harris che riprende la parte del capo motociclista di Knightriders, Milla Jovovich di nuovo dark lady dopo No Good Deed e .45, oltre a John Leguizamo che rifà il gangster ispanico visto un’infinità di volte e Delroy Lindo come sempre veterano di colore armato fino ai denti), in una scelta di casting di un certo interesse pop. Discorso a parte per gli attori giovani, troppo modesti (soprattutto la figlia d’arte Dakota Johnson, che sembra pronta per gli improbabili tormenti softcore di Cinquanta sfumature di grigio), e per un Ethan Hawke viscido ma in fondo poco incisivo nel mefistofelico ruolo di Iachimo. Peccato per lo spreco di talento, ma ben poco si salva in questa mascherata insostenibile se presa seriamente e un po’ troppo lunga come scherzo trash.
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