Venezia 71. Olive Kitteridge: la recensione
Olive Kitteridge è la nuova miniserie in quattro parti targata HBO, presentata fuori concorso a Venezia 71. La meravigliosa protagonista Frances McDormand ha dichiarato: “Nella mia carriera ho interpretato soprattutto proletarie americane. Olive è una delle mie preferite, perché combina tutto quello che ho fatto come attrice negli ultimi 35 anni”. Supportata da un sapiente cast in stato di grazia, una regia delicata e una fotografia autunnale fatta di colori caldi sotto una luce fredda, la serie, nata per la tv ma giustamente promossa al grande schermo, racconta la vita di persone coraggiose, ricche di emozioni, che come tutti si dibattono tra le traversie e le contraddizioni della vita.
Attraverso le dinamiche familiari e le voci di una piccola città, entrando dentro e fuori le varie storie e i punti di vista, Olive Kitteridge scruta attentamente il luogo e i personaggi di Crosby nel Maine, cittadina situata ai confini estremi degli Stati Uniti, ma che in pratica diventa tutto il mondo, visto che gli avvenimenti che lì si svolgono sommano tutti gli elementi dell’esistenza: la disperazione, la gelosia, la speranza, l’amore e soprattutto la tenacia che la vita ogni giorno richiede. Anche se il racconto all’inizio può sembrare ingarbugliato, tutto poi si amalgama per far emergere il ritratto di Olive, donna complicata, introversa, dotata di un’intelligenza acuta e osservatrice, che si fa conoscere attraverso le sue esperienze e l’influsso che ha su gli altri cittadini, quasi tutti suoi ex studenti. Ma attenzione: lei non è una donna cortese, prodiga. Non va d’accordo con il mondo. E’ rigida, quella durezza dovuta alla sofferenza e che lei attribuisce alla depressione presente nel suo DNA. Fedele alle proprie convinzioni, respinge gli altri con poche, esilaranti battute, sarcastiche e sprezzanti, il più delle volte subite da chi ama di più anche se raramente lo palesa: suo figlio Christopher, che l’accusa di farlo sentire “terribile”, e suo marito Harry, l’adorabile Richard Jenkins, che non l’ha mai sentita chiedere scusa. Queste affermazioni la descrivono piuttosto bene ma non completamente. Infatti Olive non è superba, sa di essere imperfetta, ed è questa consapevolezza di sé che ce la fa amare nonostante la sua ruvidezza e scontrosità. Fortemente empatica, senza mai peccare di romanticismo ma anzi sempre con spietata onestà, Olive illumina come un faro ciò che la gente capisce su sé stessa e sugli altri, dato che gli altrui fallimenti e le delicate aspirazioni sono pari ai suoi, e offre queste sue profonde intuizioni agli spettatori. Così Olive diventa cosmopolita: le sue commoventi storie abbracciano una così vasta gamma di emozioni che la rendono un personaggio che, una volta incontrato, risulterà indimenticabile.
Scritto da Vanessa Forte.
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Chiara C. | Sara S. | ||
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