Maleficent: la recensione
Al contrario di come lo dipingono le favole, il male non è mai una cosa semplice, monocromatica, piatta. I cattivi ci piacciono perché sono personaggi complessi e multi sfaccettati. Se ne è accorta anche la Disney che propone con Maleficent la vera storia della Bella Addormentata con una Malefica che ha il volto magnetico di Angelina Jolie, a metà fra angelo caduto e protettrice del paradiso terrestre.
C’era una volta la fata più potente della Brughiera. In questo mondo dalla natura rigogliosa e idilliaca non ci sono re né potenti, tutti vivono in pace e armonia. Malefica è una giovane fata dalle ali corvine e forti. Due armi micidiali per la difesa dei confini fra la Brughiera e la terra degli umani. Fra questi vi è Stefano, un contadino povero di origini, ma ricco di ambizioni che si conquisterà la fiducia di Maleficent divenendo suo amico e poi innamorato. E sarà proprio il tradimento di Stefano che per conquistare la corona del suo regno, recide le ali alla nostra fata coraggiosa, a determinarne la caduta e la conseguente metamorfosi in vendicatrice. Una vendicatrice mai davvero spietata che cercherà soddisfazione al torto subito rivalendosi sulla principessa Aurora, la figlia del re Stefano.
E infatti, la Disney sembra non aver trovato il coraggio necessario per affrontare con più profondità la malvagità di Maleficent che anche nel suo periodo nero – al suo passaggio la Brughiera rinsecchisce e sprofonda in una sorta di buio letargo – non è mai davvero crudele, di quella crudeltà che gode appieno dei propri risultati. La soddisfazione di Maleficent, infatti, si riduce al risolino compiaciuto del burlone, del dispettoso che ride alle spalle della vittima dei suoi scherzi (si pensi alle tre fatine a cui viene affidata Aurora, simpaticamente perseguitate dalle burle della madrina cattiva).
È anche vero che la Disney non può andare contro la propria natura ma in questo film ricco di effetti speciali è stata capace di rinnovare se stessa senza tradirsi confermando le sue caratteristiche di sostenitrice dei valori e dei buoni sentimenti e rivelandosi anche promotrice di un nuovo sguardo sull’amore che non può ridursi, come irriducibile è nella realtà, al binomio donna/uomo, principessa/principe. Maleficent, infatti, nonostante il tradimento di Stefano, dimostra di essere capace di vero amore, quello a cui non crede più, divenendo quasi involontariamente la quarta balia di Aurora. Con l’aiuto di Fosco, il corvo amico e non più servo che è diventato i suoi occhi e le sue ali, la nostra eroina segue ogni istante della vita di Aurora e inevitabilmente si affeziona contribuendo, non sveliamo come, al risveglio della principessa. Un risveglio non del tutto imprevedibile, ma di rottura rispetto alla fiaba originale.
Se Maleficent viene presentata in una nuova veste non si può dire lo stesso della Bella Addormentata, che resta ferma allo stereotipo della giovane zuccherosa e perennemente felice, tutta colpa dei doni delle fate madrine, e che ha il volto sorridente e melenso di Elle Fanning. La regia dell’esordiente Robert Stromberg si dimostra attenta alla ricostruzione storica, anche se non filologica, degli interni di una corte rinascimentale e ci regala qualche inquadratura ricercata, come quella del volto dell’aspirante re Stefano incorniciato in un gioco di riflessi con lo specchio.
Scritto da Vera Santillo.
Continua a errare su Facebook e Twitter per essere sempre aggiornato sulle recensioni e gli articoli del sito.
Davide V. | ||
5 |