The Walking Dead 4×15: la recensione
Dopo il destabilizzante The Grove, tutto incentrato sui drammatici risvolti nelle vicende di Carol e Tyreese, The Walking Dead torna sulle rotaie verso Terminus e lo fa seguendo, da una parte, l’improbabile gruppo di Glenn e Tara in cerca di Maggie, e dall’altra la momentanea convivenza di Daryl con la gang di Joe. Perché gli Us del titolo sono, certo, i vecchi compagni della prigione finalmente ritrovati sul finale di puntata, ma sono soprattutto i guys like us di Joe, esempio fortemente regressivo per un Daryl ancora pericolosamente in bilico tra civiltà e imbarbarimento.
Infatti, se pur momentaneamente, Daryl sta vivendo a stretto contatto con il gruppo di Joe che – si scopre nel corso dell’episodio – è sulle tracce di Rick, che ha ucciso uno dei loro compagni in Claimed. E il significato di quel titolo si chiarisce ora con la scoperta delle arcaiche regole della gang: chi mente finisce male, e qualunque cosa si trovi sul proprio cammino ne si diventa proprietari rivendicandone per primo il possesso con il claimed. Logica che Daryl rifiuta con decisione, preferendo rimanere il più possibile al di fuori da queste dinamiche, da questo us. Ma uno degli uomini di Joe l’ha puntato e lo scontro frontale è inevitabile. La scena del pestaggio – dopo che l’accusa di furto rivolta a Daryl si rivela infondata – è una delle più violente mai viste ed è passaggio rivelatore in vista di una sua possibile conversione: lo sguardo che lancia al corpo martoriato dell’uomo gettato fuori dalla baracca è sconvolto, ma il primo moto di pietà – coprire il corpo con un telo – lascia presto il posto a un disprezzo indifferente. Sembra che il falò catartico di Still non sia bastato per prendere definitivamente le distanze dal proprio passato; nonostante le forti resistenze, Daryl rischia di tornare a essere un outdoor cat – come gli dice Joe – guidato solo dalle proprie pulsioni più primitive.
Atmosfera più rilassata, almeno inizialmente, nel gruppo di Glenn, accompagnato da Tara, Rosita e dagli ormai insostituibili Eugene e Abraham che, si era già capito, sono due teneroni. Dopo il ritrovamento di un messaggio di Maggie, Glenn è sempre più ansioso di raggiungere Terminus. nonostante la ferita alla gamba di Tara e la stanchezza generale del gruppo. Contestualmente, Eugene si manifesta a pieno nella sua natura di nerd logorroico, amante di videogiochi, dinosauri e delle grazie delle poche signorine rimaste, mentre Abraham alterna il suo motto preferito (fix the whole damn world!) a momenti di confidenza davanti al falò. Il passaggio della ferrovia attraverso un tunnel segna la separazione di Glenn e Tara dai tre diretti a Washington, ma solo momentaneamente: Eugene, infatti, boicotta la spedizione per aspettare i due amici alla fine del tunnel ed eventualmente andare in loro soccorso, cosa che puntualmente accade dopo che Tara è rimasta bloccata col piede tra le pietre di una frana (bellissima, tra l’altro, l’immagine della distesa di walkers mezzi sepolti). Ma la vera sorpresa è l’arrivo di una task force del tutto inaspettata, composta non solo da Eugene, Abraham e Rosita, ma anche da Maggie, Bob e Sasha, incontrati verosimilmente dai primi nei paraggi del tunnel. Ed è in questa nuova formazione che il gruppo arriva alla fine a Terminus, tra fiori, cartelli accoglienti e amabili signore vetero-hippy pronte a cucinare deliziosi manicaretti. Si raccolgono scommesse su dove stia l’inghippo. Perché un inghippo, di certo, c’è e siamo ansiosi di scoprirlo in quello che si preannuncia come un decisivo e intenso season finale.
Scritto da Barbara Nazzari.
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