The Walking Dead 4×14: la recensione
The Walking Dead recupera finalmente il suo ritmo con The Grove. Episodio tra i più pessimisti e disturbanti di sempre, ha per protagonisti Carol, Tyreese e le loro “figlie acquisite” Mika e Lizzie. Dopo Still e Alone, due unità narrative focalizzate sulle vicende individuali dei gruppi di sopravvissuti, gli unici a mancare all’appello erano proprio loro.
La famiglia improvvisata, riunitasi nei boschi con l’apparizione di Carol in Inmates, è senza dubbio la comitiva più interessante. La circostanza sanguinosa che lega Tyreese a Carol, all’insaputa del primo, è rimasta in attesa di scioglimento per l’intera stagione; nel frattempo, più d’un dubbio è stato sollevato sull’effettiva responsabilità di Carol nella morte di Karen e David, mentre la psicosi di Lizzie è stata efficacemente esplicitata in ogni episodio che l’ha vista tra i comprimari. Era dunque legittimo aspettarsi un’azione movimentata da The Grove, candidato a chiudere il cerchio di queste vicende, ma l’episodio si spinge anche più in là del previsto.
Da un lato c’è il tema incarnato da Lizzie, il cui squilibrio mentale è perfettamente contestualizzato nell’apocalisse zombie. Lizzie non riesce a vedere i walkers come mostri assetati di sangue, e ha sviluppato una pericolosa affezione nei loro confronti; ma la sua mania si spiega naturalmente se pensiamo a lei come all’equivalente di un “nativo digitale”. Lizzie è una “nativa apocalittica”, e per lei gli zombi e la morte non rappresentano una fine spaventosa, ma semplicemente il cambiamento. Il suo disperato (e fallimentare) tentativo di riconoscere loro una dignità para-umana richiama l’idea romeriana di pietà per lo zombi espressa in pellicole come Day of the Dead e Land of the Dead, pensiero simile a quello del Richard Matheson di I am Legend, che il romanziere americano porta a conseguenze ancor più estreme (leggere per credere). Ma in The Walking Dead questo pensiero esiste solo nella mente malata di Lizzie, e l’universo della serie vive una realtà ben diversa, terrificante e fatale, che non lascia spazio alla più flebile speranza di convivenza con i risorti.
Dopo che gli autori ci hanno girato intorno per lungo tempo, ecco servita la tragedia: per provare il suo punto, Lizzie uccide a coltellate la sorellina Mika, brava e buona e per questo bollata sin da principio come probabile vittima. I due adulti che si prendevano cura di loro decidono quindi di condannare a morte Lizzie, non sapendo come gestire la sua psicosi. Sarà Carol a eseguire la sentenza sparando alla bambina, che nemmeno da morta riuscirà a realizzare il suo desiderio di diventare walker: Tyreese e Carol ne seppelliranno il cadavere inerte.
The Walking Dead riesce a dare il meglio in ambito horror quando rompe il tabù che riguarda il connubio violenza-bambini. Così come era traumatica la visione della figlia di Carol che usciva, ormai morta, dal fienile di Herschel, la conclusione della vicenda di Lizzie è un pugno nello stomaco. Le atmosfere fiabesche evocate dal titolo (Il boschetto) rendono più conturbanti i contenuti; Carol conduce Lizzie nella foresta come il guardiacaccia porta via Biancaneve, con una differenza fondamentale nella determinazione di Carol, il cui cuore non si muove a compassione. E il pessimismo di The Grove è cosmico già dalla prima inquadratura: c’è una bella casa con un bel giardino, ma la bambina che salta felice là fuori sta giocando a farsi rincorrere da un morto vivente. Carol e Tyreese vogliono illudersi per qualche ora di poter vivere tutti insieme in un luogo che sembra tranquillo e sicuro; l’incantesimo finisce presto, lasciandoli stravolti davanti a un orrore senza misura.
L’episodio conclude le questioni ancora aperte e risolve definitivamente il “giallo” dell’omicidio di Karen e David. Dopo aver ucciso Lizzie, Carol confessa, spiegando a Tyreese le sue ragioni. Lui la perdona, e i due si rimettono in cammino verso Terminus. Ed è dunque con questo episodio eccezionalmente drammatico e sanguinoso che sembra chiudersi la lunghissima parentesi nella quale i personaggi avanzano separati tra loro. Terminus è ormai dietro l’angolo; arriveremo a destinazione prima del finale?
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