Le migliori Serie TV 2013
La notte di Capodanno, si sa, è tempo di bilanci, una pratica quanto mai necessaria nel panorama televisivo, sempre più invaso da false partenze, possibili successi stroncati sul nascere, serie che proseguono in pompa magna senza esserne all’altezza e altre che invece meriterebbero più attenzione, ma finiscono per passare in secondo piano nel mare di proposte più o meno valide. Dopo la nostra Guida ai Telefilm 2013/2014, abbiamo quindi selezionato per voi le Serie TV migliori iniziate o giunte a conclusione nel 2013 (in ordine rigorosamente alfabetico, dato che sarebbe impossibile stilare una classifica di generi così diversi tra loro). Buona visione… e buon anno da tutta le redazione di Cinema Errante!
Non poteva avere conclusione migliore, Breaking Bad, una parabola che si conclude dove tutto ha avuto inizio, tra gli strumenti e gli alambicchi di un laboratorio, l’inquadratura dall’alto, tante volte vista, su quell’ultima scena, piena di disarmante tenerezza. In mezzo, cinque stagioni che rendono con chirurgica precisione e una ricchezza di suggestioni inusitata tutta la complessità della psiche umana, nel rapporto col mondo, con gli altri e con i propri fantasmi. It’s over. But I feel good dice Walt. Per tutti noi non sarà altrettanto facile.
Brooklyn Nine-Nine (FOX)
E’ ormai così raro trovare nuove comedy brillanti che l’esordio di Brooklyn Nine-Nine va salutato con il giubilo che si merita. La formula è semplice: un insieme di personaggi ben caratterizzati e mediamente idioti (ma di quell’idiozia che è efficace premessa per situazioni surreali o buffe o persino tenere) abitano uno sgangherato dipartimento di polizia di Brooklyn, e saranno messi in riga dal nuovo, integerrimo capitano, interpretato dal granitico Andre Braugher. I creatori, Michael Schur e Daniel J. Goor, vengono da Parks and Recreation, che è uno strepitoso biglietto da visita.
Enlightened (HBO)
L’annuncio della cancellazione, Mike White che scompare improvvisamente da twitter, i tanti – ma non abbastanza – fan che ne invocano il rinnovo: ma la seconda e ultima stagione di Enlightened è in fondo così straordinaria proprio perché conclusiva, ritorno al punto di partenza ma con Amy dall’altra parte dell’ascensore, questa volta vittoriosa, se pur nel modo odioso, contraddittorio ed egocentrico che rende la serie così complessa e sfumata. In mezzo almeno due tra le puntate più potenti mai viste sul piccolo schermo: la 2×03 Higher Power e la 2×05 The Ghost is Seen, con Levi-Luke Wilson e Tyler-Mike White che si ritagliano spazi di debolezza e fragilità ai margini del ciclone Jellicoe. You change nothing dice Charles Szidon a Amy sul finale. Ma qualcosa di sicuro Laura Dern e Mike White lo hanno cambiato: tanto più dopo Enlightened il nostro modo di pensare ai generi seriali non sarà più lo stesso.
Dopo una ripresa un po’ in sordina e una lunga escalation preparatoria (pur non priva di perle come l’episodio 3×07, The Bear and the Maiden Fair), la terza stagione del banner-show HBO torna a stupirci e sconvolgerci con i suoi perfetti connubi di ghiaccio e fuoco e di battaglie e intrighi. La narrazione esplode finalmente nell’attesissimo Red Wedding, le nozze di sangue: la nona puntata, The Rains of Castamere, regala 52 minuti confezionati alla perfezione, gli ultimi otto dei quali ribaltano praticamente tutto il set-up precedente e lasciano gli spettatori a fissare lo schermo con gli occhi sbarrati, nel silenzio dei titoli di coda volutamente privi di colonna sonora. Un’anti-catarsi insuperabile, da cui (forse) ci riprenderemo soltanto con l’inizio della quarta stagione, prevista per la primavera 2014.
La quinta stagione è talmente una bomba che si guadagna di diritto un posto tra le migliori dell’anno, anche se è tutt’ora in corso: tra l’ascesa di Peter Florrick e i nodi che vengono al pettine alla Lockhart and Gardner, la serie piazza nei primi episodi della stagione un plot twist forse inevitabile ma coraggiosissimo, che rimescola le carte in tavola e infonde nuova linfa alla trama e ai personaggi. Arrivati al centesimo episodio, si ha la certezza che i coniugi King, autori della serie, possono ancora stupire, e hanno tutta l’intenzione di farlo.
Hello Ladies (HBO)
Stephen Merchant, BFF di Ricky Gervais e co-creatore di The Office UK, prende in prestito il titolo del suo omonimo spettacolo teatrale per raccontare le disavventure amorose di Stuart, designer in cerca di modelle da copertina. Un divorziato grasso e romantico, un paraplegico sciupafemmine e un’attrice squattrinata, il suo entourage. Oltre alla spassosa comicità slapstick di Merchant e ai buffi co-protagonisti, c’è anche tanta malinconia nei personaggi di Hello Ladies, simpatici e umani anche quando si comportano da cazzoni egoisti.
La sesta stagione chiude con un cliffhanger che rimescola le carte in tavola. La svolta agognata dai fan sin dalla prima stagione sembra essere arrivata: Peggy Olson sta finalmente facendo le scarpe a Don Draper. Le altre novità riguardano invece i viaggi che i nostri eroi dovranno intraprendere nel futuro immediato. È una conclusione che ci lascia con decine e decine di domande. Cosa ne sarà di Megan sulla West Coast, da sola con Charles Manson? Stan e Peggy faranno sesso? Qual è il significato dello spostamento di pesi e gerarchie negli uffici? E cosa ci faceva Duck Phillips alla SC&P nel giorno del Ringraziamento? Ci sono dei reset button che possono ancora salvare la posizione di Don Draper; ma Matthew Weiner sarà così grossolano da schiacciarli?
Masters of Sex (Showtime)
Basato sulla biografia Masters of Sex: The Life and Times of William Masters and Virginia Johnson…, lo show narra la nascita degli studi sulla sessualità nell’America degli anni ’50. Il sesso è in realtà solo il punto di partenza per studiare le inibizioni e i desideri dei personaggi, tutti ben scritti e interpretati. Ma non solo: Masters of Sex è anche il preludio di una rivoluzione di genere che trova nel punto di vista femminile l’aspetto più affascinante, merito di un team creativo composto prevalentemente da donne.
L’aspetto migliore di Rectify è nel susseguirsi di occasioni, di gesti e di dialoghi, punteggiati di sequenze poetiche e bellissime (la conversazione con Tawney in 1×02, Sexual Peeling; Daniel e la madre al supermercato in 1×04, Plato’s Cave; l’incontro coi reporter nella stessa puntata), che fanno emergere ora la mistica grazia della natura, ora l’oscura inquietudine (l’uomo misterioso all’inizio di 1×05, Drip Drip), ora inaspettate esplosioni di violenza. Ciò che resta più impresso di Rectify è il tempo che la scrittura si prende per raccontare: ci chiede pazienza e di accordarci al suo ritmo inedito, affinché niente venga lasciato fuori posto.
Top of the Lake (Sundance Channel)
“Fuck the truth”. Il senso di liberazione a cui allude Top of The Lake è quello che sprigiona la natura, madre ancestrale onnipresente nel racconto e nei rapporti antropologici. La stessa natura che accoglierà Tui, figlia dodicenne e incinta di un boss della droga, nel suo ventre e ne nasconderà ogni traccia (stupendo l’attimo in cui la bambina, con il fucile teso, sibila come un gatto). Non a caso certe atmosfere, oltre alle cime montuose sullo sfondo della sigla, ricordano Twin Peaks, suggerendo una lettura ora morbosa, ora sovrannaturale della trama e ricordandoci la lezione lynchiana del “niente è come sembra”. L’unica cosa su cui non ci sono dubbi è che Top of the Lake sia bellissimo, da vedere immediatamente.
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