Venezia 70. The Unknown Known: la recensione
Un vivace duello verbale con un Donald Rumsfeld istrionico
The Unknown Known, ovvero fatti noti che non sappiamo di sapere: con questa espressione l’ex segretario alla difesa americano Donald Rumsfeld definisce lo stato di (in)consapevolezza su alcuni dei più importanti episodi della storia statunitense degli ultimi quarant’anni. È su questa premessa che Errol Morris costruisce il suo documentario presentato in concorso a Venezia 70, che ripercorre la parabola politica di Rumsfeld attraverso una lunga intervista, nella quale le domande si alternano alla lettura di alcuni fra i numerosissimi snowflakes, promemoria scritti dall’ex funzionario e rivolti a varie personalità, fra cui alcuni Presidenti, fin dal suo esordio in politica nei primi anni Sessanta.
Strutturato come un duello verbale vivace e non privo di humor, nonostante la tragicità di alcuni degli eventi storici presi in considerazione, il documentario ripropone lo stesso schema accusatorio della celebre intervista – poi portata al cinema da Ron Howard – che David Frost fece a Richard Nixon nel 1977. Con un approccio assolutamente diverso da quello di Michael Moore, il regista sembra più interessato a fare uscire allo scoperto l’impenetrabile figura di Rumsfeld piuttosto che a ridicolizzarla, più a sciogliere dubbi sui fatti ai quali è indissolubilmente legato (specialmente la guerra in Iraq e lo scandalo delle torture ai prigionieri) che a declamare verità. Inoltre, al contrario del collega, Morris non appare sullo schermo, e spesso preferisce lasciar parlare gli snowflakes dell’intervistato piuttosto che formulare accuse personalmente.
Dal canto suo, Rumsfeld affronta l’intervista con lo stesso spirito con il quale comunicava con la stampa durante gli anni al governo: istrionico e teatrale, ma al tempo stesso assolutamente evasivo e dotato di un autocontrollo infallibile, sicuro nelle dichiarazioni d’intenti quanto pronto a snocciolare sillogismi apparentemente perfetti per smentirle, il ritratto che emerge è quello di un maestro della contraddizione, cinico e spiazzante, testimone oltre che protagonista di una società politicamente confusa e facile alle manipolazioni.
Lontano da facili moralismi ma anche attento a non cadere nella fascinazione verso il personaggio, The Unknown Known è un documentario interessante nei contenuti, ma anche molto piacevole nella forma, un autentico duello intellettivo nella migliore tradizione del teatro oltre che del giornalismo d’inchiesta, e l’ennesima prova del talento del suo autore, con buona pace di Werner Herzog che dovrà mangiarsi l’ennesima scarpa.
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