Innamorati dei cartoni animati, I Cieli di Escaflowne
Il fantasy computerizzato
Prima ho visto I Cieli di Escaflowne. Prima di tuffarmi nel medioevo fantastico di George R.R. Martin e tornare a visitare la Terra di Mezzo versione cinematografica, ho osservato risplendere la luna dell’illusione nei cieli di Gaea. E’ questa, forse, una delle immagini più potenti della serie di Kawamori Shoji. Dal pianeta di origine di uno dei protagonisti, si vedono due lune: la ‘nostra’ e la ‘Luna dell’Illusione’, ovvero la Terra stessa.
La storia inizia in un campo sportivo: una ragazzina di nome Hitomi Kanzaki sta preparandosi a far vedere quanto velocemente riesce a correre i 100 metri e tutto per far colpo sul suo senpai preferito, Susumu Amano. Hitomi non arriverà mai alla fine della sua corsa perché non è una semplice quindicenne innamorata, è anche una chiaroveggente: i tarocchi sono un elemento fondamentale della serie, tanto che ogni episodio è associato a una carta. Proprio durante la corsa ha una strana visione che la porta a scontrarsi con Van Fanel, un ragazzo che indossa abiti vagamente medioevali e che brandisce una spada affilatissima.
In pochi secondi Hitomi si trova teletrasportata a Gaea, terra di Van. Il campo sportivo e il bel Susumu sono ormai un pallido ricordo: allo spettatore, oltre che a un’incredula Hitomi, si apre un mondo in cui il fantasy più romantico e la science-fiction più tecnologica si fondono sapientemente per dipingere I Cieli Di Escaflowne. Non manca neppure un tocco del filone robotico: Van Fanel, re di Fanelia, difende il suo regno dall’esercito di Zaibach grazie all’Escaflowne, un gigantesco esoscheletro che ricorda vagamente le fattezze di un drago e funziona grazie al dragon energyst, ovvero il cuore che Van ha strappato a un drago morente.
Tenku no Escaflowne combina il fantasy con la fantascienza, creando un mondo in cui spade e magie si intrecciano con avanzate tecnologie in un’ambientazione medievale. Questa idea, che si potrebbe definire “retro tech”, non è nuova negli anime. Anche Nadia, come abbiamo già avuto modo di vedere, rilegge i romanzi di Jules Verne in chiave tecnologica. Senza contare che l’esoscheletro Escaflowne ricorda da vicino quelli, più celebri, di Evangelion.
Eppure Escaflowne conserva una freschezza e un’originalità inedite. Si prenda ad esempio il meka design che combina perfettamente elementi medievali, come le armature incastonate di gioielli e fregi, con elementi iper-tecnologici, come le armi laser e le cloche dei comandi. Oppure il sapiente uso della computer grafica, per una volta piegata alle esigenze della storia e non dominante su di essa.
E’ indubbio, infatti, che la Fantascienza e il Fantasy abbiano tratto grandi benefici dai progressi fatti dalla Computer Graphic negli ultimi anni. Anche nell’animazione è sempre più utilizzata e I Cieli di Escaflowne non fa eccezione. Ciò che lo distingue da altre produzioni è, appunto, il modo in cui ha saputo sfruttare le possibilità offerte dalla grafica digitale.
Invece di utilizzare oggetti tridimensionali costruiti al computer, difficilmente integrabili nel contesto dei disegni manuali, Kawamori Shoji si è servito di un software, chiamato RETAS, capace di generare effetti speciali perfettamente integrabili con l’animazione tradizionale. Nell’episodio 1, ad esempio, le squame del drago sono un retino generato dal computer; di grande pregio è, poi, l’effetto del cloaking nei Guymelefs. Effetti simili erano già stati usati nel lungometraggio Ghost in the Shell, ma il fatto che I Cieli di Escaflowne sia un’opera creata per la televisione rende tutto il lavoro di post-produzione notevole.
Uno degli elementi di maggiore effetto della saga rimane però quello meno “visivo”, ma senza dubbio più evocativo: la musica. Vere e proprie sinfonie create dall’intramontabile Yoko Kanno che si fondono in maniera ottimale con la vicenda anche grazie ad alcune scelte stilistiche quali l’utilizzo del canto del coro dell’Orchestra Sinfonica di Varsavia, che suona anche quasi tutte le altre musiche. Si tratta di un vero e proprio capolavoro di musica classica, potente quanto basta da conferire un respiro epico alla vicenda.
La qualità visiva de I Cieli di Escaflowne non ha nulla da invidiare a quella di un lungometraggio concepito per il mercato dell’home video, fatto decisamente inusuale per un prodotto seriale. La serie non è contenutisticamente significativa come Neon Genesis Evangelion, ma probabilmente non ha neanche l’intento di esserlo. Ciò che caratterizza questo anime è, infatti, l’impatto visivo e sonoro che produce sugli spettatori.
Se Neon Genesis Evangelion ha alzato gli standard precedenti relativi alla complessità delle storie create per la TV, non c’è dubbio che Tenku no Escaflowne abbia creato un nuovo concetto di animazione seriale.
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