Hannibal – Stagione 1: la recensione
“The closer he gets, the further his mind goes”. Questa frase, che compare nel teaser, delimita con precisione chirurgica l’area in cui si muove Hannibal, la nuova serie thriller curata per la NBC da Bryan Fuller, debuttata negli Stati Uniti il 4 aprile 2013.
La coppia attorno alla quale ruota la vicenda è costituita da Will Graham (Hugh Dancy), un professore e investigatore speciale, che collabora con l’FBI, particolarmente abile nel fornire precisi profili di serial killer (forse ricorda un po’ Mulder di X-Files?), e dallo psichiatra forense – e cannibale – Hannibal Lecter, interpretato dal danese Mads Mikkelsen, che non nasconde il suo accento per conferire al personaggio un alone decisamente inquietante. Girato e costruito con notevole maestria, Hannibal è sicuramente “deeply sinister” e “brilliant”, come scrive Jeff Simon (The Buffalo News).
I protagonisti: Will Graham. Nella prima puntata, Apéritif (QUI lo script illustrato), scopriamo subito che l’intelligenza naturale di Graham viene fortemente “aiutata” da innate capacità extrasensoriali: più si avvicina al suo caso, maggiore diventa la sua empatia con l’assassino. La risultante vicinanza “mentale” rende le sue visioni maggiormente nitide. Sin dall’inizio, quindi, il personaggio di Graham ci viene presentato come borderline. In realtà, già solo la sua passione per i cani poteva metterci sulla pista giusta: spesso e volentieri, infatti, le riprese ambientate in casa dell’agente speciale indugiano sui suoi amati “coinquilini” (sui quali Real Time avrebbe tranquillamente potuto girare una puntata di Sepolti in casa-animali). Nonostante ciò, riesce persino a far innamorare la sua bella collega, la psichiatra Alana Bloom (Caroline Dhavernas). Nelle tredici puntate della serie assistiamo alla lenta ma inesorabile “caduta” dell’eroe: in Coquilles (1×05) viene messo in scena il (giustificato) tracollo psicologico di Graham. Essendo di base mentalmente instabile, il lavoro su casi raccapriccianti lo rende sempre più disturbato, fino a portarlo a una forma particolarmente grave di encefalite. Alla fine lo ritroveremo dietro le sbarre, considerato da tutti uno psicopatico omicida. Notevole l’interpretazione di Hugh Dancy, che, come scrive Paul Doro di Shock Till You Drop,
does an outstanding job of subtlety conveying how painful human interaction is for him, and despite being abrasive and unpleasant, you are always in his corner and really feel for the guy.
I protagonisti: Hannibal Lecter. Non riuscendo a spiegarsi alcuni gesti di Garrett Jacob Hobbs, un cannibale che uccide ragazze di età e costituzione simili a quella di sua figlia, Graham si ritrova affiancato dal rinomato psichiatra Hannibal Lecter, il quale prova da subito un’“affinità elettiva” nei suoi confronti. Sin dall’inizio abbiamo la conferma che Lecter è un cannibale: lo capiamo non solo dall’argomento della prima puntata, ma anche grazie a esplicite scene in cui si vede lo psichiatra cucinare dei polmoni. Fuller spiega così la sua scelta:
What we have is Alfred Hitchcock’s principle of suspense—show the audience the bomb under the table and let them sweat when it’s going to go boom.
Il personaggio di Lecter viene ripreso quasi sempre nel suo studio, dove “cura” i suoi pazienti, oppure nella sua lussuosa cucina, dove prepara “deliziosi” manicaretti. Ciò che forse sconcerta è che lo spettatore sa che Hannibal cucina esclusivamente carne umana, ma il modo in cui lo fa, la presentazione dei piatti, la musica classica perennemente in sottofondo rendono questa atrocità quasi invitante. Lecter stesso è un uomo estremamente intelligente e raffinato, amante dell’arte in tutte le sue forme, e queste sue prerogative sembrano diventare le linee guida della serie stessa: elegante, raffinata, che non lesina sui riferimenti artistici e culturali “alti”. Dietro la maschera della bellezza e della perfezione, però, si cela l’orrore del cannibalismo, il più grande tabù del pensiero umano occidentale. Nel ruolo troviamo un eccellente Mads Mikkelsen, capace di rendere la sua interpretazione sempre più profonda e oscura man mano che il personaggio svela il suo volto reale. Ricordiamo infine che Mikkelsen è affiancato da un’algida e magnifica Gillian Anderson (che sicuramente ricorderete nel ruolo di Dana Scully in X-Files), alias Dr. Bedelia Du Maurier, psichiatra di Lecter.
I casi. Come si poteva facilmente presagire già dal pilot, la serie è rivolta a un pubblico dagli stomaci forti, se non addirittura impermeabili; basti pensare che la KSL-TV ha persino sospeso la trasmissione per via dei contenuti particolarmente cruenti. La seconda puntata, Amuse Bouche, mostra un caso che si candida senza ombra di dubbio tra quelli più impressionanti di sempre: l’FBI ha a che fare con un malvivente che utilizza i corpi delle sue vittime come fertilizzanti per funghi, attratto dalle similitudini che, secondo lui, intercorrono tra il cervello umano e l’architettura dei miceti. Le “prede” vengono accuratamente selezionate in base a specifici requisiti: come riveleranno i corpi ritrovati (in un caso uno era addirittura ancora vivo), il killer predilige i diabetici, persone che possono facilmente cadere in coma diabetico diventando terreno ideale per la crescita dei funghi. In un’altra puntata vediamo, invece, un assassino che uccide le proprie vittime per poi trasformarle in angeli. L’“Angel maker” prima li anestetizza, poi taglia loro la pelle della schiena a mo’ di ali, e infine fissa il tutto in una posizione di preghiera attraverso fili d’acciaio e ami da pesca. E questo solo per darvi un assaggio di ciò che vi aspetta.
La serie è davvero ottima, se non siete troppo impressionabili. I fili narrativi sono fittamente intrecciati, casi e situazioni apparentemente slegati tra loro si rivelano poi strettamente uniti. Ogni puntata è guidata da un tema, non soltanto culinario, ma funzionale tanto al relativo crimine, quanto al dipanarsi della trama orizzontale. Una simile livello di circolarità è reso possibile anche dalla sceneggiatura, perfettamente calibrata, capace di creare una serie di ambiguità ed effetti “a specchio” percepibili non soltanto nell’arco dei 40 minuti della singola puntata, ma anche sulla “lunga durata” dell’intera stagione. La fotografia, inoltre, è sorprendente; la cura per ogni minimo aspetto della scenografia e dei costumi rende Hannibal una perla rara.
Aspettando la seconda stagione, prevista per il 2014, potete leggere Red Dragon (1981) di Thomas Harris, romanzo dal quale la serie è stata tratta. Oppure, se avete notato che ogni episodio porta il nome di una specialità della cucina francese, potete visitare il blog ufficiale, in cui vengono svelati alcuni stuzzicanti retroscena e consigliate sofisticate ricette in tema. Bon appétit!
Scritto da Irina Marchesini.
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L’aspetto che ho trovato più conturbante (e che hanno già fatto notare in molti) è quello del pericolo insito nella visione: Will Graham, come osservatore, non è mai al sicuro; viene raggiunto e insidiato dal male, ne diventa partecipe e non semplice spettatore.
A ciò aggiungerei che Mads Mikkelsen è eccezionalmente fico.