La fuga di Martha: la recensione
La fuga di Martha, opera prima dello statunitense Sean Durkin, premio per la regia al Sundance 2011, arriva finalmente in Italia passando quasi inosservato. Martha Marcy May Marlene, il titolo originale, è infatti presente in sole 11 sale; un’assenza che ribadisce come nel nostro paese lo spazio destinato al cinema indipendente sia estremamente ridotto. Intenso e ben costruito, il film si meriterebbe un po’ di attenzione in più, se non altro per la camaleontica e convincente prova della giovane Elisabeth Olsen (sorella minore delle celebri gemelle) al suo debutto sul grande schermo.
Riprendendo le tematiche e le suggestioni, ma ampliandone la durata (da 13 a 101 minuti) del precedente Mary last seen, in La fuga di Martha un apprezzabile montaggio alternato racconta la deriva psicologica della protagonista, una ragazza solitaria e introspettiva, che dopo la morte della madre lascia il college per unirsi a una comunità hippie. Qui viene ribattezzata Marcy May e trascorre quasi due anni imparando dal leader del gruppo, Patrick (un John Hawkes già superlativo in Un gelido inverno, qui eccezionale anche come cantante), a condividere tutto con gli altri membri della famiglia e a compiere talvolta gesti estremi.
Oppressa da un oscuro presentimento, però, Marcy May decide presto di fuggire e di raggiungere l’ unico parente che le rimane. A casa della sorella (Sarah Paulson) lontana da tutto e da tutti, la ragazza vive giornate vuote, tormentata dai ricordi a dall’ossessione di essere osservata. Gradualmente e senza spiegazioni si allontana dalla Martha che era e dalla Marcy May che è stata avvicinandosi sempre più all’ossessiva e disturbata Marlene che sarà in futuro.
Mantenendo la tensione sul filo del rasoio il giovane regista, classe 1981, costruisce un film che trova nella caratterizzazione e nella profondità di personaggi ben interpretati (nel cast anche Christopher Abbott, Brady Corbet, Hugh Dancy, Maria Dizzia, Julia Garner) il suo punto di forza maggiore, cui concorre un senso estetico e della suspense molto sviluppato e una sensazione di irrisolto che ipnotizza lo spettatore lasciandolo nel dubbio.
Una storia da non lasciarsi scappare, tutta emozione e mistero, che ripropone, come in un flusso di coscienza, i pensieri e le sensazioni dell’adolescente protagonista, tenendo gli spettatori incollati allo schermo.
Scritto da Micol Lorenzato.
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Chiara C. | Giusy P. | ||
8 | 7 |