AltrodiBlogger Erranti,29 Novembre 2011
Girls Names – Dead to me: la recensione
Girls Names, Dead to me. Che una band oggi venga da Belfast anziché da New York o dalla California non fa differenza alcuna, quando ogni cosa è disponibile e -musicalmente parlando – sono state abbattute tutte le frontiere spaziotemporali. Quindi, accanto a gruppi inglesi che suonano americana, a colleghi “yankee” che si rifanno a immaginari decisamente new romantic, e altri ancora impelagati col kraut (per non parlare dei giapponesi che da tradizione sanno copiar tutto e tutti), ecco che, per i Girls Names, esser nordirlandesi non implica necessariamente l’impossibilità di suonare come una valida copia dei Crystal Stilts. Il che, sia ben chiaro, non è affatto un male. Tutt’altro.
Recuperare l’immaginario velvettiano, ammantato da brume dark tipiche del post-punk e del primo shoegaze, è uno dei grandi meriti dell’apprezzato gruppo di Brooklyn e i ragazzi della grigia Belfast seguono con entusiasmo la scia. Che sia reale appartenenza ad una “scena” che pare ormai essersi creata, o trito revivalismo poco importa se questi sono i risultati. Pur tuttavia va fatto notare che Dead to me sostituisce certa vena psych con un pop di prima grandezza, il tutto con ossequiosa nostalgia del sound della Giovane Scozia, ma anche di certi Smiths e Cure degli esordi.
La sezione ritmica di Lawrence ricorda infatti da vicino Jumping someone else’s train, laddove I could die mostra un incedere surf ed un mood che, nonostante il titolo, appare decisamente solare.
When you cry prosegue con la stessa cifra stilistica e ci pensa No more words ad introdurre certi struggimenti tardo-adolescenziali in quella che potrebbe quasi esser considerata una Stand by me in versione punk.
Si naviga in acque non dissimili da quelle degli ultimi Vaccines, tra brani tirati, a volte abrasivi ma di impatto immediato. Senza dubbio di gran lunga superiori ai tanto strombazzati Pains of being pure at heart, i Girls Names posseggono dunque parecchia sostanza e non si nascondono dietro una bella forma.
Bury me, primo singolo estratto dall’album, è massimo esempio di quanto detto finora: un pezzo killer su liriche cupe all’apparenza in grado di librarsi in un superbo quanto semplice riff di chitarra.
Quando è il caso di dire “Shoegazers of the world unite (and take over)”.
Scritto da Fabio Plodari.
Continua a errare su Facebook e Twitter per essere sempre aggiornato sulle recensioni e gli articoli del sito.