Broadchurch – Stagione 1: la recensione
In gennaio debutterà la seconda stagione di Broadchurch, poliziesco britannico che ha riscosso grande successo in patria nel 2013. La prima stagione è andata così bene da ispirare il remake statunitense Gracepoint; ma nonostante la presenza di David Tennant in entrambe le versioni – o forse proprio a causa del pessimo accento americano esibito nel rifacimento – l’operazione si conclude con il sonoro flop e la cancellazione di Gracepoint, mentre Broadchurch continua a prosperare.
Broadchurch è ideata e scritta dal veterano della tv inglese Chris Chibnall (Doctor Who, Life on Mars e Torchwood). Ambientata nell’immaginaria località marittima di Broadchurch nel Dorset, la serie racconta l’omicidio del giovanissimo Danny, figlio undicenne della famiglia Latimer. Il delitto, odioso e inspiegabile, incrina la tranquillità del paese suggerendo l’esistenza di un ipotetico mostro tra gli abitanti. A occuparsi del caso è Alec Hardy (Tennant), forestiero dal marcato accento scozzese in cerca di redenzione dopo il fallimento in un’indagine simile. Viene affiancato dalla detective locale Ellie Miller (Olivia Colman), alla quale ha involontariamente rubato il lavoro come ispettore capo.
La detection lascia spazio alla perdita dei punti di riferimento nella sfera domestica e in quella pubblica, portando lo spettatore nel clima angoscioso dei giorni che seguono la scoperta del cadavere di Danny. Broadchurch richiama le intuizioni di serie come The Killing, dove la dimensione poliziesca si concede una mediazione con l’antropologia del dolore per i familiari delle vittime. Broadchurch non è solo l’investigazione di un assassinio, ma anche e soprattutto il racconto del lutto nella famiglia di Danny, e per esteso nella comunità cittadina dove la violenza ha aperto una ferita difficile da rimarginare.
Broadchurch si distingue dalle serie omologhe, compresa la fotocopia Gracepoint (che ne cambia però il finale), grazie a un’identità peculiare. È una tragedia a orologeria dallo spirito laico, che non crede alla possibilità di una risposta religiosa alle domande dei genitori che hanno visto morire il proprio figlio; ma è anche una “bromance al contrario” per come sa raccontare la precaria amicizia tra i detective Hardy e Miller: in conflitto dal primo istante, i due investigatori sono sprovvisti della classica attrazione latente che affligge i protagonisti di sesso opposto in situazioni analoghe.
La prima stagione di Broadchurch è caratterizzata da un’ambientazione particolarmente suggestiva che arricchisce ogni inquadratura con i paesaggi grandiosi della costa giurassica del Dorset. La stessa bellezza si trova nelle musiche dell’islandese Ólafur Arnalds, che speriamo di sentire ancora nei nuovi episodi. La seconda stagione riprenderà dove la prima si era interrotta, raccontando il destino della città dopo la soluzione dell’omicidio. Broadchurch si candida così a diventare un prodotto ancora più interessante, oltrepassando i confini del giallo tradizionale.
Sara M. | Giacomo B. | ||
7/8 | 8 |