A qualcuno piace caldo: la recensione
A qualcuno piace caldo: solo per oggi, martedì 3 luglio, verrà riproiettato sui grandi schermi l’indimenticabile film di Billy Wilder, nell’ambito della riproposizione sempre più frequente di grandi classici del passato. L’occasione è quella di, scusate il termine un po’ infelice, “celebrare” e ricordare il cinquantesimo anniversario della tragica morte di Marilyn Monroe, con il film, forse, più celebre da lei interpretato. La visione è anticipata da uno speciale che svela alcuni retroscena della lavorazione del lungometraggio, oltre ad essere trasmessa in una versione restaurata in digitale 2k da Nexo Digital.
A qualcuno piace caldo non è l’opera migliore di Billy Wilder; niente paura, non state iniziando a leggere una recensione che vuole ridimensionare o distruggere il capolavoro conclamato, magari così, tanto per andare un po’ controcorrente e farsi vedere. Anzi, il fatto che un film come Someone like it Hot – che tranquillamente è tra le 5 migliori commedie di sempre, probabilmente salendo pure sul podio, e rientra a pieno titolo e diritto nella categoria “capolavoro” – non sia il punto più alto nella carriera di un regista la dice lunga su quello che Billy Wilder ha rappresentato e significato nella storia del cinema. Autore di un numero impressionante di grandi film, l’autore d’origine austriaca è stato probabilmente uno dei simboli più luminosi del miglior cinema classico americano, nell’ottica in cui questo riusciva a far convivere l’essenza più “commerciale” di rispetto dei canoni e delle aspettative del pubblico con una vena più personale, acuta, innovativa ed eversiva; oppure per come riusciva a mettere in scena il romanticismo del lieto fine e l’ironia che fungeva da sua dissacrazione, come dimostra la mitica battuta finale, entrata nel mito, “Nobody is perfect!“, o come testimonia un’altra chiusa perfetta, quella del successivo L’appartamento.
Fatto sta che l’opera in questione, pur non essendo la sua migliore in assoluto, è probabilmente quella che più ha raggiunto e mantenuto lo status di culto, e che è più diffusamente conosciuta, anche tra i profani di storia delle commedie e del cinema americano. I motivi di questa fama eterna sono molti, ma probabilmente il più evidente e decisivo è la presenza di Marilyn Monroe, allo zenit del divismo e al punto più luminoso della sua carriera: il film diventa quasi un’icona dell’aura divina emanata sullo schermo dalla fragile stella, e probabilmente la tragica morte avvenuta pochi anni dopo ha contribuito a congelare nel tempo il successo dell’opera, senza contare che alcune battute possono essere lette, con il senno di poi, come rivelatrici della condizione interiore dell’attrice. Insomma, lo sbuffo del treno a mo’ di fischio guascone quando lei entra in scena sulla banchina della stazione è emblematica delle reazioni e delle sensazioni che molti spettatori hanno avuto al momento della sua apparizione.
Far coincidere però la riuscita del film con la presenza di Marilyn e con i suoi occhioni è a dir poco limitativo, e potrebbe attirarci un po’ di legittime querele postume. Dimenticheremmo, infatti, la perfezione dei tempi comici e di una sceneggiatura, scritta dal regista con il fido I.A.L. Diamond, infallibile, l’eleganza caustica di un Wilder un po’ meno cattivo di altre occasioni, ma comunque sempre con le unghie ben affilate, l’attenzione tipica dell’autore a particolari secondari e all’uso degli spazi come motore delle gag e contenitore delle annotazioni ironiche; sorvoleremmo sulle tendenze che seguono e rinnovano la tradizione della commedia americana migliore (per esempio, il travestitismo che rimanda a classici degli anni Trenta come Susanna e Il Diavolo è femmina) e sul costante fiume allusivo che costeggia, con raffinatezza estrema, tutta la narrazione, ma soprattutto ci meriteremmo una convocazione in tribunale da parte degli eredi di Tony Curtis e Jack Lemmon.
I due attori, infatti, entrano anche loro nelle porte del mito interpretando in modo sublime un doppio, triplo nel caso di Curtis, ruolo. Indimenticabili Josephine e Dafne, sono la dimostrazione che la battuta finale del film non è poi così tanto vera.
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Barbara N. | Chiara C. | Davide V. | Leonardo L. | ||
10 | 10 | 9 | 9 |
Scritto da Edoardo Peretti.