C’era una volta… Cannes: Shrek
Shrek, in concoso al Festival di Cannes 2001, è il secondo film in computer animation prodotto dallo studio DreamWorks. Diretto da Andrew Adamson (Shrek 2) e Vicky Jensen, il film è stato il primo lungometraggio a vincere l’Oscar per il miglior film di animazione, istituito dall’Academy nel 2002.
Il burbero orco Shrek sarà catapultato in una serie di avventure, al fianco di un pavido, e logorroico, asino, sulle tracce di una misteriosa principessa che nasconde un inconfessabile segreto.
Shrek contiene in nuce quelle che saranno le principali rivoluzioni del cinema animato degli anni Duemila. Tratto da un racconto di William Steig, il film è una caustica satira della fiaba classica, dei suoi canoni e, inevitabilmente, dell’universo disneyano. Primo film della DreamWorks a battere tutti, in premi e botteghino, Shrek riesce anche a trovarsi un posto di prestigio nel mondo tradizionale del cinema, rischiando anche qualche difficoltà di comprensione da parte del pubblico infantile e soprattutto degli adulti più bacchettoni e più intransigenti.
Pur seguendo lo sviluppo di una fiaba tradizionale infatti, con nobili, principesse e tutto il resto, il film stravolge comicamente gli stereotipi canonici del genere: il nobile re è un nanetto complessato, l’eroe un orco flatulente e la principessa è stonata come una campana, ma conosce bene le arti marziali. Il rovesciamento dei cliché sembra essere l’unica possibile liberazione da un mondo che rischia di trasformarsi in un parco a tema assorbito per sempre dal mercato dell’intrattenimento cui per anni è stato assoggettato. Il trionfo finale della genuina bruttezza, pur conservando una certa morale edificante di fondo, è insolito e particolare, una ventata fresca di novità e cambiamento, nonché uno dei principali motivi di riuscita del film.
I personaggi sono costruiti con cura, e animati con maestria: caricature più o meno riuscite, sfoggiano tutti una recitazione viva e a tratti enfatica, degna dei migliori interpreti di un film dal vero. Diversi attori, come Eddie Murphy e Cameron Diaz, prestano voce e fisicità ai personaggi, contribuendo a una migliore caratterizzazione degli stessi. La trama è ricca di citazioni filmiche, o desunte dal mondo dello spettacolo e del fumetto, tutte attente a cogliere nell’immaginario collettivo del grande pubblico; una tendenza, questa, che andrà in seguito per la maggiore, e che sarà alla base del successo di molti film. Il tentativo di creare un prodotto gradevole per grandi e piccoli allo stesso tempo, quindi, riesce, grazie a una sapiente stratificazione dei contenuti.
Il film avrà diversi seguiti, che cercheranno di calcare la mano sulle innovazioni del primo, inserendo sempre nuovi stravolgimenti, ma non sempre con la medesima freschezza. Il bruciante sarcasmo e la geniale comicità, infatti, andranno via via ad affievolirsi, facendo perdere smalto ai personaggi, schiacciati anche da un’ottima concorrenza. Rimane, senza dubbio, il merito di aver aperto la strada a nuove possibilità e nuovi contenuti, al superamento di una barriera secolare e alla definitiva affermazione di un cinema per troppo tempo considerato di second’ordine.
Scritto da Leonardo Ligustri.
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Davide V. | Edoardo P. | ||
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